“Mangio soltanto radici, perché le radici sono importanti!”
[La contessa Colonna (Sonia Gessner)dal film La Grande bellezza.]
Le radici come metafora di cultura e cibo, entrambe linfa vitale del popolo partenopeo. Non è mai stato motivo di vergogna per un napoletano ammettere che gli piace assai “‘e magnà”, e questo perchè l’atto del magna’ non ha un significato meramente di appagamento del fisico, ma rappresenta un momento di unione, condivisione e socializzazione. In più la tradizione alimentare affonda le proprie radici a millemila metri sotto quella che è stata in tempi antichi questa Campania Felix. Una terra calpestata e usurpata da dodici dominazioni, in ottocento anni, ma che non ha mai perso la sua forza produttiva, come quella dei suoi abitanti. A conferma di ciò, la caratteristica vincente che i napoletani sono riusciti a conservare e tramandare, alle nostre generazioni, nel DNA, è quella di non smettere mai di dare sfogo alle proprie fantasie. Inventare tutto dal nulla, per “tira’ a campa’ ”. E se è vero che abbiamo il sole e il mare, ora aggiungiamo inevitabilmente anche un bel bicchiere di vino, preferibilmente un Aglianico del Taburno, e una bella zuppa ‘mmaretata. Si una zuppa, e di verdure. Perché questa città prima della pizza e dei maccheroni, nei periodi di carestia, si sfamava dei soli prodotti che la sua terra offriva copiosa.
I mangiafoglie ci chiamavano. E tra le più famose foglie vi erano il cavolo, la scarola, i friarielli, la verza e tanti altri. La carne si consumava solo sulle tavole bandite con lustri d’oro e calici di cristallo delle alte corone. Leggende raccontano che alla plebe era concesso mangiare carne, “quann chiuvev’ ro’ ciel’ ”(quando pioveva dal cielo) e l’espressione non si rivolge al fenomeno metereologico, bensì all’attitudine del Re di gettare, una volta essersi saziato, avanzi di carne dalle finestre del palazzo. Uno scenario lontano da quello odierno, dove vi è una condizione, più o meno generale, di benessere sociale. Eppure le abitudini alimentari sembrano immutate, anzi riappaiono sulla scena come vero e proprio trend di mercato. In Italia, come in numerosi altri paesi, impazza il boom di vegetariani e vegani. Vi sono alcune varianti in entrambe le diete, il filo rosso che le unisce è che entrambe eliminano il consumo di carne e pesce. Il motivo di questa scelta alimentare è dettata sia dal diffondersi delle notizie circa la pericolosità della carne, dannosa per la salute se ne si abusa nel consumo, sia per una scelta etica che si fa per il rispetto che si nutre nei confronti dell’animale la cui vita è considerata alla pari dell’uomo.
Se vi si vuole analizzare la spinta che ha favorito lo sviluppo di questi trend sicuramente si deve tener conto dei fenomeni dell’internazionalizzazione e della globalizzazione, e l’espandersi del web. Tutto ciò ha portato alla maggiore consapevolezza da parte dei consumatori di molte dinamiche dell’industria alimentare, finendo così per modificare il loro atteggiamento dandogli un indirizzo più etico e responsabile. Entrando nel dettaglio del settore, si può fare subito riferimento alla GDO, la grande distribuzione organizzata, che ha favorito lo sviluppo degli allevamenti intensivi, chiamati così perché usano tecniche disumane sugli animali. Rinchiusi in celle piccolissime, da non permettere nemmeno il minimo movimento, in più vengono imbottiti di farmaci veterinari. Dunque tutto questo ha portato un duplice risveglio da un lato della tradizione, dall’altro quello delle coscienze.
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