Michael Jackson è il re Mida della musica.
E’ quella storia di un passato sempre presente, è la storia di un ragazzino nero che a 16 anni raccontava: “Mi sento come uno di tanti. Se mi taglio sanguino. E mi imbarazzo facilmente.” Ma se c’è una cosa che avremmo sempre difficoltà a vedere in Michael Jackson è il senso di ordinario.
È la sovrabbondanza.
L’eccesso.
La dismisura.
L’icona.
La storia.
È “The king of pop”.
La sua è una di quelle vite che ha mosso i primi passi sul palco e non nel soggiorno della sua casa, una vita vissuta attraverso l’obiettivo della telecamera, che dondolava su di un’altalena di alti e bassi, di successi e critiche che hanno fatto sempre in modo che la sua storia fosse un continuo “ciak! Si gira”, un sipario sempre aperto sul mondo.
La sua insomma era una vita da Thriller.
C’è un aspetto in particolare che ha dato all’artista il primato di “unicità”, e non parliamo del cambiamento della sua pelle o del solito tram tram di critiche che tutt’ora orbita intorno al suo ricordo; l’unicità era dovuta alla sua indole nello sperimentare. Michael sperimentava ciò che non era stato ancora pensato. La novità lo attirava a sé come un magnete. Aveva in sé semi di idee che trasformava in enormi frutti rossi.
Era il 1996, quando Jacko sperimentando, rivoluzionò il classico videoclip musicale.
L’ idea arrivò qualche anno prima, nel ’93, mentre registrava la colonna sonora del film “La famiglia Addams 2”. Jackson amava, come ogni amaricano medio, Halloween ed il genere thriller, quel ramo dell’horror che usa la suspense per rabbrividire il pubblico, tanto da omaggiarlo, come già accadde per i singolo “Thriller” nel 1983.
Lo amava a tal punto da trasformarlo, sperimentarlo appunto, in qualcosa che non aveva precedenti. Realizzò con i suoi 38 minuti di durata il videoclip più lungo della storia: il “Michael Jackson’s GHOSTS”, un mediometraggio diretto da Stan Winston e scritto da Michael Jackson e Stephen King, in definitiva la crème de la crème dell’America degli anni 90.
Jackson interpreta all’interno sia il ruolo del protagonista che quello dell’antagonista. Il corto racconta di un “Maestro”, Jackson, un arcano eremita dotato di poteri sovrannaturali, che vive da solo in una villa in cima ad una collina che sovrasta la città di “Normal Valley” e che di tanto in tanto diverte i bambini del posto con alcuni giochi di prestigio. Uno dei ragazzini racconta tutto alla madre, che avverte il Sindaco, sempre interpretato da Jackson, il quale organizza una fiaccolata fino alla tetro castello, per convincerlo a lasciare la città, in quanto lì “non c’è posto per la gente strana”. In molti curiosi si uniscono al sindaco, varcando due grandi portoni che svelano un enorme salone in stile vittoriano, accolti dal Maestro che si esibisce insieme alla sua “famiglia” di fantasmi in un ingresso comico quanto spaventoso. Durante la sequenza, Maestro si trasforma in uno scheletro animato, entra poi nel corpo del Sindaco, che inizia a ballare; di lì viene trasformato in un mostro che, guardandosi allo specchio si domanda “chi è adesso quello strano?”. Il sindaco liberatosi del demone del Maestro che era dentro di lui scappa via dallo spavento, mentre il padrone della villa ride di gusto. Di lì la gente si rende conto che Maestro non è cattivo e si riappacificano con lui. La storia si conclude con un ragazzino che domanda “Fa paura questo?”, con l’inquadratura che si sposta sull’esterno del castello, mentre in sottofondo si sentono le urla della gente. Tutte le canzoni presenti nel corto, cantate e ballate da Michael sono tratte dagli album HIStory e Blood on the Dance Floor.
Nulla è a caso; ogni danza, gesto o passo è un messaggio ben preciso, esatte chiavi di lettura del cortometraggio: il vero mostro non è davanti ai nostri occhi ma si cela in ognuno di noi, nel nostro Io più segreto.
Il video è una macedonia di originalità; effetti speciali moderni, costumi studiati, stile minuzioso, nitida attenzione ad dettagli, tutto in stile Jacko.
Il successo che ne derivò fu così smisurato tanto da voler essere proiettato per la prima volta in Europa fuori concorso al Festival di Cannes 1997
Michael Jackson è un artista che da vivo ha anticipato i tempi, ma dopo la sua morte li ha fermati. La sua musica è immortale, attuale in ogni epoca, non risente del tempo che scorre. Non ha rughe la sua musica. Ha solo fame, sempre, di qualcuno che ci balli su.
E’ un’istituzione eterna dello spettacolo, ispira ancora eserciti di fan di ogni età, è una memoria sempre accesa.
Anche Napoli lo ricorda, per la prima volta nell’agosto 2015, ha organizzato una grande giornata tributo dedicata al re del pop, il “MJday”.
Michael Jackson sapeva di avere un dono. Certo, aveva creato problemi alla sua famiglia, alla sua immagine, preso scelte sbagliate, fatto cambiamenti più che discutibili, ma alla fine ha vinto sempre il talento, ed è quel dono che non tramonta. Diceva: “Il mio obiettivo nella vita è quello di dare al mondo ciò che ho avuto la fortuna di ricevere: l’estasi della divina unione attraverso la mia musica e la mia danza”. E quell’estasi è il regalo più grande che ha lasciato in eredità al mondo.
in basso il video completo “Michael Jackson’s ghosts”
che grande! Michael aveva un dono davvero, guardava il mondo con gli occhi di un bambino e non li ha mai persi.
Brava Carmen