Patrimonio del mondo, storia di un popolo. I palazzi di Napoli nascondono e mostrano, vivono da secoli, risalgono alle epoche più diverse: arte, architettura e storia si fondono in queste costruzioni talvolta maestose ed altre quasi all’ombra. #NBDV concentrerà la sua attenzione su quelli che forse più permangono nell’urbs partenopea, i palazzi di età borbonica.
Per capire fin da subito di cosa stiamo parlando, invitiamo i lettori a tener presente complessi quali Palazzo Reale, la Reggia di Capodimonte, la Reggia di Portici, il Palazzo Don’Anna, lo stesso Palazzo della Prefettura, giusto per inquadrare storicamente e architettonicamente i palazzi che prenderemo in considerazione, che per la
maggior parte di essi risalgono al settecento. Ed è soprattutto grazie al contributo di Carlo III, il primo regnante della dinastia borbonica (1734-1759 ), che oggi possiamo ammirare ‘palazzi capolavoro’, molti dei quali sono veri e propri vessilli del capoluogo partenopeo. Proprio sotto il primo sovrano spagnolo, nel venticinquennio in considerazione, Napoli arrivò ad essere uno dei maggiori poli culturali d’Europa e i maestosi palazzi che oggi analizziamo sono testimonianza diretta di quel livello culturale raggiunto.
Il più antico, in riferimento all’influenza borbonica, e l’unico non costruito o avviato grazie a Carlo III, è il Palazzo Reale. Era il 1600 e a Napoli c’era il viceregno spagnolo; e fu proprio il viceré Conte di Lemos Fernando Ruìz de Castro ad incaricare l’architetto Domenico Fontana di costruire questo edificio che nasceva, in realtà, con l’intenzione di ospitare il re Filippo III che sarebbe dovuto venire in visita ufficiale a Napoli con la moglie, visita che però non avvenne mai. Nell’arco della sua storia pluri-centenaria, il Palazzo Reale ha subito forti danneggiamenti e quindi restauri importanti; sicuramente quello del 1837, voluto da Ferdinando II a seguito di un incendio, restituì una luce nuova al Palazzo anche grazie ad alcune aggiunte architettoniche: furono edificati il Giardino Belvedere, il Giardino Italia e l’Ala delle feste. A Carlo III si deve però la costruzione del Teatro San Carlo, adiacente a Palazzo Reale e, con la concomitante modifica di alcune stanze del complesso reale, il Re poteva giungere a teatro senza dover uscire dal Palazzo.
Per quanto riguarda la Reggia di Portici, essa è stata la prima residenza reale dei Borboni a Napoli. Voluta da Carlo III, i lavori cominciarono nel 1738 e fu Canevari a strutturarne l’idea: questa Reggia immersa in un Parco, aveva nelle sue fondamenta opere d’arte di grosso valore archeologico e non solo, perché in seguito, nei sotterranei, fu rinvenuto un templietto costituito da 24 colonne di marmo. Fino a quando Gioacchino Murat non prese il potere ( 1799 ), la Reggia di Portici era di fatto la dimora del Re, tanto è vero che quando Ferdinando IV dovette scappare per sfuggire i francesi, rientrò prima nella Reggia di Portici a prendere tutto quello che gli apparteneva: gioielli, vestiti, quadri, per non farli arrivare nelle mani nemiche. Quando poi con la Restaurazione ( 1815 ndr. ), i borboni ritornarono a Napoli, Ferdinando II ridiede vita e lustro alla Reggia di Portici, anche grazie alla tratta ferrata Portici-Napoli, la prima in Italia.
Mentre a Portici veniva costruita la Reggia di Portici, parallelamente a Capodimonte si iniziavano i lavori per un’altra Reggia. L’idea era questa: mentre la Reggia di Portici doveva fungere da dimora del sovrano, quella di Capodimonte, visto anche l’enorme estensione di verde, doveva essere un Casino di caccia. Soltanto che Carlo III ereditò dalla madre Elisabetta delle collezioni preziosissime, tra le quali le sculture farnesiane ritrovate a Roma. Da questo momento la Reggia conterrà opere d’arte donate alle città. Il complesso è spoglio di qualsiasi stemma borbonico e questo proprio per assecondare la sua funzione, vale a dire quella di conservazione di opere d’arte e non di regnanti e dei loro lussi.
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