« Voglio dire che tutto ha inizio, sempre da uno stimolo emotivo: reazione a una ingiustizia, sdegno per l’ipocrisia mia ed altrui, solidarietà e simpatia umana per una persona o un gruppo di persone, ribellione contro leggi superate e anacronistiche con il mondo di oggi…. Se un’idea non ha significato e utilità sociale non m’interessa lavorarci sopra. »
(Eduardo De Filippo, tratto dal discorso all’Accademia dei Lincei in occasione del premio internazionale Feltrinelli per il teatro “ I capolavori di Eduardo” Ed Enaudi. Torino 1973. )
Vincenzo De Pretore è un componimento poetico che Eduardo scrisse nel 1948, e che solo successivamente grazie a Luciano Lucignani, critico teatrale, uno dei pochi ben voluti da Eduardo, divenne una commedia.
Quando il Lucignani propose a De Filippo di tramutare la poesia in una rappresentazione teatrale il maestro accettò subito; probabilmente stava aspettando solo un punto da cui partire.
Per i vari impegni teatrali la stesura del copione venne rimandata più volte, fino a ritrovarsi a Parigi nel 1957, in un albergo lungo la Senna, dove cominciarono a scrivere il copione.
Un aneddoto che il Lucignani racconta con grande simpatia è che al primo incontro per la stesura del testo, Eduardo cominciò a dettare: “Atto primo, scena prima“, dettando il testo come se lo avesse avuto già impresso nella sua mente, interrompendosi solo alle considerazioni del Lucignani a cui, tra l’altro, non dava troppo peso.
Il primo atto fu steso in 15 giorni, lavorando solo di mattina perché in quel periodo Eduardo a Parigi era in teatro con “Questi Fantasmi”; il secondo e il terzo atto furono conclusi a Roma in una settimana. Torneremo alle vicende legate alla stesura tra qualche riga, ma ora diamo un occhiata per vedere chi è De Pretore Vincenzo.
De Pretore è un ladruncolo che per quanto ignorante è convinto delle sue idee, ed ha una filosofia tutta napoletana; rappresenta i diseredati di questa città, quei ragazzi che purtroppo non hanno avuto scelta perché l’unica realtà che hanno sempre conosciuto è stata quella del furto e della truffa; insomma arrangiarsi in malo modo per portare la pagnotta a casa.
Eduardo decide di dare tratti napoletani al protagonista partendo dal nome: la poesia si chiamava Vincenzo De Pretore, ma Eduardo invertì il nome proprio per il modo popolare di presentarsi dei napoletani.
Vincenzo non è malvagio, non è un cattivo, ruba si, ma per mangiare, per meritare quello che la vita secondo lui gli ha tolto, cioè l’agiatezza economica, e fa di tutto per riprendersela con la forza. Il nostro Vincenzo viene arrestato durante un furto e sconta 1 anno di carcere, un anno dove la fidanzata “Ninuccia” lo aspetta in religiosa attesa perché lo ama e desidera più di ogni altra cosa fare l’amore con lui; è la stessa Ninuccia a consigliare a Vincenzo di affidare la sua vita ad un santo per farsi proteggere, e lui sceglie quello della piazzetta dove lavora come sguattera la giovane amata; un S. Giuseppe scorticato dimenticato dagli uomini, al quale, in un colloquio confidenziale, Vincenzo promette abbellimenti, fiori e candele, in cambio di una protezione per il suo “delicato”lavoro. Vincenzo, inoltre, chiede al Santo di fargli trovare, nel suo percorso di ladro, solo persone agiate a cui rubare, qualcuno a cui non pesano le ricchezze sottratte; insomma un Robin Hood tutto napoletano.
De Pretore è vero è un mariuolo ma ha una sua filosofia che lo giustifica agli occhi di Eduardo:«Qui sulla terra… c’è tanta gente che il bene se lo butta per la faccia, che non guarda se spende dieci o mille, che se spende mille, nel momento stesso che le ha spese, non ci pensa più. Allora…se io tolgo cinquecento a quello che spende mille, quale è il male che gli faccio? Io ho rubato…così senza orientamento, alla “come succede”, ma…[dice rivolto al santo della piazzetta] se voi mi fate incontrare sulla mia strada persone come quelle che vi ho detto prima, io posso prendere da loro quello che mi serve senza avere nessuno scrupolo di coscienza». (tratto dalla commedia)
Quindi Vincenzo ruba senza nessuno scrupolo di coscienza perché ruba per vivere e se muore per rubare questo lo deve assolvere agli occhi di Dio, anche per intercessione del santo che lo protegge.
Da quando Vincenzo fa il voto al santo le cose cominciano ad andare veramente bene, turisti benestanti cominciano a transitare sotto la statua e il giovane può compiere furti nell’assoluta tranquillità e con la sicurezza che non stava commettendo nessun torto, ma stava solo ristabilendo un equilibrio in una società ingiusta.
Insomma tutto sembra andare bene, ma durante un furto più consistente viene colpito a morte da uno sparo, viene trasportato in ospedale, nel delirio degli ultimi istanti di vita lui crede di essere in paradiso, malgrado sia un ladro, per le giustificazioni che sa dare al mestiere che si era ritrovato a fare. Trova solidarietà in tutti in questo paradiso immaginato, mentre sulla terra paga con la morte la sua colpa verso la società, che è la vera colpevole della sua cattiva sorte.
La morale attualissima che si porta addosso questa commedia, quella di un ladruncolo che con la forza vuole riprendersi un mondo dal quale è stato escluso, la troviamo ancora oggi nei ghetti, nei quartieri a rischio, insomma in quei ragazzi che nascono e non hanno scelta, proprio come De Pretore Vincenzo.
Eduardo da la colpa di tutto questo alla società; lui stesso si interessa moltissimo alla questione legata alla delinquenza giovanile. Quando fu eletto senatore a vita, Eduardo si impegnò per per questi giovani delinquenti che aveva lui stesso visitato nell’Istituto di Rieducazione del Filangieri a Napoli, donando fortissime somme di danaro a questi ragazzi considerati dalla società, per citare l’ultima scena della commedia, “NESSUNO”.
Tornando alla stesura del testo, mentre Eduardo metteva nero su bianco un’altra opera sociale, descrivendo la condizione di un altra fetta di popolo napoletano, Lucignani tornato a Roma preparò l’allestimento teatrale al Teatro dei Servi, di proprietà religiosa, dove la commedia andò in scena , e destò non poche critiche dal mondo religioso: fu infatti considerato blasfemo perché Dio aveva le sembianze di un commissario di polizia, gli angeli erano poliziotti e il desiderio della giovane “Ninuccia” di dare la prova d’amore a Vincenzo senza i vincoli matrimoniali fu accusato di favoreggiamento a movimenti femministi.
La commedia fu un successo di pubblico, ma non economico, anche per l’attacco ferocissimo di critiche che certi giornali cattolici pubblicarono. Trovò invece difesa in una stampa progressista e di sinistra che appoggiò un Eduardo amareggiato che non aveva mai avuto idee politiche ben chiare o almeno mai schierate, e da quel momento si spostò verso l’area culturale della sinistra italiana.
In seguito anche in altre commedie verrà fuori un animo critico verso quel clero che aveva ostacolato in tutti i modi il successo di un opera sociale, il successo degli scugnizzi di Napoli, il successo di De Pretore Vincenzo.
Nessun Commento