“Amore mio non devi stare in pena, questa vita è una catena
Qualche volta fa un po’ male, guarda come son tranquilla io
anche se attraverso il bosco, con l’aiuto del buon Dio, stando sempre attenta al lupo”

Di cosa abbiamo paura?
Abbassi la testa e le cose ti cambiano, senza che tu  te ne renda conto. Senza realizzare cosa ci spaventa. La paura ti mette all’angolo e basta. Da essa non scaturisce niente. La paura ti fa abbassare la testa, e dimenticare chi sei.

Ritrovandomi a distanza di tempo, mi accorgo di quanto sia importante non perdersi d’occhio, guardarsi ogni giorno allo specchio e notare le differenze dal giorno prima, in modo da gestire i propri cambiamenti in modo graduale, omogeneo e “definitivo”. Ogni punto di arrivo è raggiungibile per molte strade, il modo di affrontare il percorso determina la tua condizione all’arrivo. Che siano processi di deterioramento o miglioramento della nostra condizione, poco importa, il giudizio è un compito che spetta ai punti di vista, ma preso nella sua essenza un cambiamento è una nuova strada che prendiamo.

Possiamo percorrerla con coscienza, ben attenti a come si presenta rispetto alla precedente, domandarci dove potrebbe portare, guardandoci ogni giorno allo specchio e percependo ogni singolo passo che facciamo. Oppure possiamo arrivare in fondo a questa strada a grandi passi, e renderci conto solo alla fine di averla percorsa tutta quanta, lì a un attimo dall’arrivo, troppo in fondo per tornare indietro.

È un po’ come la differenza che c’è tra l’evoluzione e la rivoluzione.
La rivoluzione sovverte i vertici di chi detiene il potere, non sottintende per forza che il sistema vigente cambi. Non ne modifica la sostanza… a volte la forma – sicuramente, invero, stravolge ruoli ed attori. L’evoluzione è un cambiamento graduale, ma soprattutto un cambiamento parte di un discorso continuo nel tempo, anche artefice del cambiamento successivo. Per essere più chiari: in un’evoluzione non riscontri il punto di rottura, è una linea che non ha interruzioni, e probabilmente alcun punto di arrivo, poiché è un concetto che fa del dinamismo imperterrito (anche se con modesta intensità) la sua caratteristica fondamentale. L’evoluzione è una passeggiata molto molto lunga. La rivoluzione è un tuffo da uno strapiombo alto cinquanta metri sul mare, con un lupo alle spalle, pronto ad attaccarti. Una sfida che già di per sé presenta difficoltà di approccio, e che una volta concretizzata, pure se hai fatto il salto più bello del mondo, ti porta a una nuova problematica situazione: il mare (la vita) che ti scaraventa verso gli scogli, a meno che tu non sia un abile – libero – nuotatore.

Probabilmente abbiamo reso questo mondo un posto in cui partiamo già nella condizione dell’uomo sul precipizio, con la scelta di base imposta, con l’impossibilità di optare per la lunga passeggiata; e questa inquietudine costante che proviamo non è tanto la pressione del lupo, quanto la frustrazione per la nostra incapacità di reagirvi. Questo vuol dire non avere libertà di scelta. La libertà è il più relativo dei concetti, e noi la contestualizziamo e proporzioniamo alla lista di opzioni che ci si pongono davanti. Per questo ci sentiamo liberi. Ma scegliere in libertà non è accontentarsi di una possibilità tra un film di Zalone, Pasolini o Tarantino. Essere liberi significa andare al cinema se vuoi, ma anche preferirgli un libro o una corsa di macchine.

Scegliere cosa possiamo avere, non è scegliere cosa vogliamo. Non c’è libertà nella scelta. Libertà è tutto l’arcobaleno, non la condizione di scegliere un solo colore tra tutti. Questo ci limita, questo ci tiene su quel precipizio. Ho conosciuto quattro tipi di persone, prima del mio salto: rarissimi gli eletti che con il lupo hanno trovato il modo di comunicarci, arrivando a condividerci una lunga camminata nel bosco; molti si lasciano andare nel vuoto, sfiancati dalla bestia e dal suo ringhiare, lì sul ciglio della montagna…che una volta caduti in acqua tentano di risalire, perché nell’acqua non vogliono starci, e si trovano ad affrontare una rivoluzione ancor meno realizzabile; i miei preferiti, quelli che a prescindere da cosa c’è sulla montagna saltano, perché nulla gli interessa più del mare e della libertà che rappresenta; infine ci sono quelli che senza neanche rendersene conto si fanno mangiare dal lupo, non cambieranno mai e in realtà muoiono vittime della loro passiva paura.

Perché alla fine di tutto, si sa, siamo noi il nostro unico limite reale.

“Attenti al lupo”