Non ricordo quando sia diventata abitudine la sigaretta giù casa, mentre digeriamo la cena e le ore lunghe di una quotidianità che ci tiene lontane nelle nostre giornate. La sua compagnia è una costante.
Di anni ne son passati da quei primi giorni senza grembiule nella scuola nuova. La finestra di fronte lascia intravedere le pareti verdi di una camera che di colori ne ha cambiati tanti mentre noi, stese su quel letto di ore in silenzio ne abbiamo passate, tra pensieri condivisi, parole taciute e litigate evitate nel rispetto di ciò che siamo diventate. Amiche ma soprattutto donne, che bambine sono state e ogni tanto si divertono ancora ad esserlo, ciascuna nella sua solitudine, nella sua vita, raccontata nella libertà di un’amicizia che non giudica ma accetta. La cenere si consuma nel fumo che si confonde nell’alito di una sera fredda. La guardo negli occhi e le chiedo ‘credi di esserti mai innamorata’. Mi guarda muovendo le labbra senza emettere suoni. Poi inizia a piangere. Rimango stupita di quella risata che accompagna le lacrime. E nemmeno tanto. La forte è sempre stata lei.
Ci insegnano che le lacrime sono per i coraggiosi, la fragilità che sgorga dagli occhi, gocce salate di sentimenti che le parole non sanno esprimere. Ho imparato da sola, a mie spese, che chi ride tra tante macerie è colui che ce l’ha fatta. Nonostante le lacrime. Ha occhi grandi nocciola, rossi di pianto che io non so gestire, lo sa e le asciuga guardando altrove. ‘Due volte Co, ma non ha funzionato’. L’amore e i suoi ingranaggi. Durante il mio secondo anno di università lessi il Don Chisciotte. Paradossale come più di Fabio Volo sia stato Miguel De Cervantes a rispondere alla domanda cos’ è l’amore, vero? Mi sia perdonato il sarcasmo per i fedelissimi di Volo, chiedo venia a chi rabbrividisce all’idea che quel mattacchione di Miguel sia in una stessa frase con il buon Fabio. Ad ogni modo, smetti di giocare con le Barbie ed inizi a chiederti se un Ken lì fuori ci sia anche per te e ti suggeriscono di dar retta, per riconoscerlo, alle farfalle nello stomaco che dovrebbero svolazzare al primo incrocio di sguardi. Inizi a sfogliare il Don Quijote e smetti di dargli del pazzo quando ti accorgi che pazzo non può definirsi colui che semplicemente difendeva la sua idea fissa.
La cavalleria lo rendeva vivo, proprio come gli occhi di una persona che ti entrano in quella testa che poggi su un cuscino in una notte come tante che i pensieri tengono sveglia. Ricordo di aver da qualche parte scritto ‘cinte murarie tra i pensieri più che filo spinato intorno al cuore’. La razionalità dell’amore. Ti svegli un mattino e l’amore è tutto lì. ‘ Mi sono avvicinata al mio secondo amore con la razionalità di chi sa cosa vuole, senza la paura di rimanerne delusa. Non ho forzato la nostra storia, ho gestito i miei sentimenti. Ho puntato le mie energie su quelli che ancora oggi sono i miei obiettivi, lui era una compagnia. Una presenza non ingombrante. Giorni, settimane, poi mesi. C’era. Il sorriso per i miei traguardi, la mano tesa nell’aiutarmi a superare i miei sfoghi. Semplicemente c’era. Mi bastava voltarmi per trovarmelo accanto’. Scrive la sua tesi di laurea mentre lavora part-time, non ci sono mai ore vuote da riempire con passatempi chiamati persone. ‘ Le mie amicizie, i miei impegni, solo dopo la nostra relazione. Poi qualcosa è andato storto.’ Pezzi di puzzle, scatole diverse. Ce ne accorgiamo tardi, quando oramai si è andati oltre.
L’oltre è quel momento in cui non si accetta la persona che ci è accanto mentre si ama quell’idea che si è piantata nella nostra testa. ‘ Offese verbali, velate minacce. Non vi credevo. Il gigante buono non poteva essere l’orco. Strega lo sono stata, lo ammetto. Ad oggi riconosco la mia umanità e quindi le mie colpe. Ma la violenza, in qualunque forma, mai arriverò a capirla. Eppure l’ho accettata, L’ho accettata per la fragilità che so esserci dietro la forza di uno schiaffo’. Sono passati mesi e l’amore è tutto li. Tra i ricordi di tre anni di una relazione che qualcun altro con meno coraggio o più risolutezza, scegliete la prospettiva, avrebbe sigillato con la parola fine prima di arrivare a sporgere denuncia, cercando aiuto in una giustizia che non ha i mezzi per compiersi il più delle volte. ‘Non mi pento di nulla. Sorda sono stata a chi mi ricordava di quanto poco amore ci sia nell’offendere la stessa donna a cui stringi la mano camminando tra la folla, la donna che si dovrebbe difendere piuttosto che ricordarle che da te qualche volta deve difendersi. Cieca non lo sono mai stata. Eppure sono arrivata fino alla fine, la mia fine. La fine in cui riaffiora la razionalità che smette di analizzare i perché ed inizia a darvi risposte.
E la risposta è che mi amo troppo per lasciarmi amare così’. Tutto passa ed è molto di più quello che resta. ‘Alla fine di tutto io continuo a ridere’.
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