Amalia: Che è succiess? Che è succiess? (piangendo disperata)
Gennaro: A’ guerra Amà … a guerra
Scritte così, probabilmente non vi diranno nulla queste due battute, probabilmente non potete nemmeno immaginare a cosa si riferiscono, e in quale punto Eduardo e la compagna di recitazione le pronunciano; sono le battute subito prima alla famosissima e amata frase, pronunciata da tutti appassionati e non, diventata quasi un marchio registrato di De Filippo “addà passà a nuttata.”
Gli occhi di Eduardo si posano con il senso più critico ma come sempre umano, sulla Napoli che vive l’ultimo conflitto mondiale su una: Napoli Milionaria
Lo spaccato di vita raccontato in questo ennesimo capolavoro di Eduardo, come sempre è preso a piene mani dalla realtà, dai volti delle persone che vivono e incidono storie come lo scalpello sulla pietra, nei palazzi, nei bassi, nelle strade di una città che empaticamente restituisce tutto ciò che riceve ai suoi ospiti dalla bellezza spensierata agli orrori della violenza umana.
Gennaro Iovine è un modesto e onesto tranviere, ma ora disoccupato a causa della guerra, in casa è considerato un inetto, un uomo senza spina dorsale, perché essendo è disoccupato vive sulle spalle della moglie che pratica la borsa nera insieme ad un socio, tale Enrico detto “sette bellizz”, uomo intraprendente e affascinante; Gennaro è contrario a questo contrabbando di merci in casa propria, ma lo accetta, lo accetta a tal punto da fare finta di essere morto durante le perquisizioni della polizia, per evitare che mettessero le mani sulla merce che la moglie nascondeva sotto al letto. Durante una delle perquisizioni in seguito ad una soffiata di una vicina, mentre c’è in scena la finta dipartita dell’uomo, si sente l’allarme che avvisava la popolazione di un bombardamento in arrivo: segnale che spingeva i cittadini a correre al riparo. Ma Gennaro inflessibile resiste a tenere su la farsa del finto morto; il brigadiere si intenerisce a guardare questa scena, lui sa che il morto sul letto è più vivo che mai, ma ne apprezza la tenacia con cui a suo modo difende la famiglia, insomma non perquisisce la casa e si recano al ricovero.
Il secondo Atto inizia con un balzo in avanti nel tempo; infatti sono trascorsi diversi mesi da quell’episodio tanto drammatico, toccante quanto grottesco, molte cose sono cambiate in casa Iovine: Amalia si è arricchita con la borsa nera e il contrabbando, il socio Enrico è diventato anche un amico particolare della signora e del povero Gennaro partito per il fronte non si hanno notizie da tanto, nessuno pensa che potrebbe essere ancora vivo, ma nel bel mezzo dei preparativi del lussuoso banchetto organizzato da Donna Amalia per il compleanno del “socio” , Gennaro ritorna a casa dalla deportazione in Germania.
Risulta tangibile ad occhio nudo il disagio e lo smarrimento dei familiari che ormai non credevano più che il capofamiglia potesse ritornare; e in un certo senso quasi lo speravano, perché si era assentata l’anima buona, quello che metteva un freno alle coscienze e al malaffare a cui la famiglia era ormai dedita.
Forse è proprio questo che voleva rappresentare Eduardo con il personaggio di Gennaro: cioè che se c’è qualcuno che ti ricorda che in fondo sei un buono, anche l’istintivo “mors tua vita mea” può cadere, per dare spazio alla solidarietà tra gli uomini.
Gennaro in casa è diventato un estraneo, non riesce a capire come da un lato del mondo dove ha visto morte e distruzione, fame e miseria si compensasse con la ricchezza che aveva raggiunto casa sua; Amalia è troppo distratta dalla ricchezza materiale e dal potere che ormai riesce ad avere per accorgersi che la vera distruzione sta in casa propria.
Ma Gennaro che ne ha viste di tragedie le riesce a riconoscere: la figlia più grande è rimasta incinta di un soldato americano che l’ha abbandonata, il figlio maschio in continuo contrasto con il padre è ladro e ricettatore di automobili e la figlia più piccola Rituccia, è gravemente malata e forse non ce la farà.
In un toccante discorso tra Gennaro e Amalia si chiude la commedia e finalmente Amalia riesce a vedere quello che, il continuo desiderio di soldi le aveva impedito fino ad ora e cioè le tragedie di casa propria; tocca a Gennaro, deriso, umiliato come uomo e marito a far coraggio alla moglie facendo capire che tutto passa, anche le tragedie più grandi… addà passà a nuttata.
Eduardo dà vita a questo piccolo spaccato in un basso napoletano: ma è solo una storia, una tra le tante vissute durante la guerra, uno dei tanti bassi napoletani dove si sono consumate vite, vissute alla giornata come solo una guerra può farti vivere, la prima guerra moderna, quella che non coinvolge solo i soldati ma il popolo, e il popolo napoletano reagisce anche durante la guerra da popolo napoletano. Si inventa e si reinventa, si adatta e si accontenta, accoglie il nuovo invasore e lo chiama salvatore solo perché imbraccia i dollari al posto delle armi, ma quelle sono solo nascoste dai dollari, un pò come tutti gli italiani che sperano nel colpo di fortuna, un po’ come la lotteria e invece di investire qualche moneta , il napoletano ha investito quello che sapeva fare meglio, il napoletano.
Eduardo portò in scena la commedia che il conflitto mondiale non era ancora terminato, avere il San Carlo per una sola serata fu un impresa ardua e azzardata, ma riuscì a commuovere portando in scena il prodotto della guerra, la condanna della stessa, l’ostinata ricerca di valori buoni estrapolati dal male, la comprensione sociale e concedetemelo, il padre di famiglia che salva sempre la famiglia quando essa si sta perdendo.
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