Napoli – 1956 

La sto aspettando fuori la bottega di suo padre. Fa la sarta.
Da grande vuole fare ‘quella che fa la sarta via da qui’.
Le piace sognare l’altrove. A me basta sognare Napoli.
Ho ancora le mani sporche di vernice. Cerco di grattarla via con le unghie.
Accanto la bottega c’è una libreria. Mi avvicino per leggere i titoli dei libri all’ingresso. Ne sfoglio uno. Mi sarebbe piaciuto fare lo scrittore, ma non so raccontare.
Colleziono solo parole.
Prendo il taccuino che ho in tasca e scrivo solo una voce.
‘Carta’.

“Scusa il ritardo”.
“Non preoccuparti”.
“Ti accompagno a casa”.

Presi una strada diversa. Volevo mostrarle una cosa.
“Io vivo proprio qui” le dissi.
Si guardò intorno; eravamo a Via Speranzella, nel grembo di una scacchiera di cemento.
Bassi napoletani, vichi stretti, palazzi alti e fili disordinati di panni stesi.
Ovunque profumo di pulito.
“Vivi in una lavanderia a cielo aperto” mi disse.
Sorridemmo.
Le annusai la camicia. In bottega suo padre era solito battezzare i capi finiti con delle costose fragranze francesi.
“Sai di Provenza”.
“E tu di Quartieri Spagnoli”.
Ci baciammo per la prima volta.

 

Napoli – 1967

‘Pane’.
Era ciò che scrissi sul taccuino; l’aveva sfornato mia madre prima che lei arrivasse.

“Prima o poi mi dirai cosa ci scrivi lì sopra”.
“Te lo dirò quando lo avrò capito anch’io”.

“Mi piace ciò che si vede dal balcone di casa tua”.
“Cosa si vede?”.
“Un sacco di vele” indicò con il dito le lenzuola bianche del vicinato che si gonfiavano nel vento.
“Sembra una festa di cotone” continuò.
“Se tu restassi sarebbe festa sempre”.
“Se io restassi sarebbero le mie bandiere bianche”.
“Non si tratta di arrendersi”.
“Si tratta esattamente di questo”.

lenzuola stese_nbdv

lenzuola stese nei Quartieri Spagnoli-fonte: www.flickr.com

 

Napoli – 1970

Pioveva.
Anche i suoi occhi piovevo.
“ ‘Addio’ sarebbe una nuova parola da scrivere sul tuo taccuino”.
“Non posso scriverla”.
“Perché”.
Non risposi.
Partì per fare la sarta via da qui.

 

Napoli – 1986

Sotto casa mia.
“Non è cambiato niente qui”. Fece un lungo respiro ad occhi chiusi, come se cercasse nell’aria qualche malinconico aroma. Aprì gli occhi.
Silenzio.
“Vedo che hai tinteggiato casa”.
“Mia moglie sarà qui a momenti”.
“Volevo solo dirti che…”
“Ciò che dirai cambierà le cose?”.
“..no”
“Puoi anche andare”.
Posai la sigaretta sulla cassetta della posta.
Presi il taccuino.
Una sola riga
‘Tabacco’.
Napoli 2016

Mi affacciai dal balconcino da dove mi affaccio da ormai 80 anni. Al collo la foto di mia moglie. Nel cuore i nomi di due donne.
Nella tasca il mio taccuino.
Scriverci sopra era diventata una malinconica liturgia. Tutti i giorni. Sempre la stessa.
Lo presi tra le mani.
“Nonno cos’è’? “
Un ometto di 6 anni mi puntava due grandi fari addosso.
“Colleziono odori”.
“Ma sono parole”.
“Non tutte le parole odorano”.
“E perché le collezioni?”
“..Nonno non lo sa ancora”.
Entrò dentro.
Dopo pochi minuti tornò.
“nonno qual è la parola più profumata tra tutte?”
Sorrisi e mi guardai intorno.
 Bucato”.