Se il popolo napoletano fosse un mestiere, sarebbe senza dubbio quello del pubblicitario.
Da sempre i napoletani hanno avuto oltre all’umorismo e l’arte di arrangiarsi, stereotipi che a dirla tutta ci stanno anche stretti, un innato senso per gli affari e per pubblicizzare le proprie attività, di qualunque genere essa siano.
Ma non guardiamo al presente dove il web ha assorbito tutto e tutti, dove siamo stati globalizzati in senso consumistico del termine, dove l’identità campanilistica si perde tra i meandri della rete, rendendoci cittadini del mondo senza aver mai guardato il mondo in faccia.
Facciamo un salto indietro e nemmeno di moltissimo e per le strade di una genuina Napoli ancora idealista e non inquinata nel profondo dai tanti problemi attuali, sembra di sentirli uno per uno, urlati da carretti, dalle porticine dei bassi trasformati in “negozi”, dalle “caurare” portate a spalla per tenere calde le adorabili “pizze a portafoglio” ma qualsiasi cosa ci sia in quelle stanze, nelle caurare o sui carrettini, qualsiasi cosa si venda o si tenti di vendere, devi pubblicizzarla e lo slogan urlato a perdita di voce diventa una quasi canzone, un motivetto che credi sia sempre esistito, come quando a 12/13 anni scopri i classici del rock e credi che quelle canzoni siano sempre esistite così anche le voci degli ambulanti ti entrano dentro. Avevo circa 5 o 6 anni e mi piaceva stare affacciato dal balcone dei miei nonni, quando sentivo il rumore delle “l’ape car” degli ambulanti motorizzati e sapevo che sarebbe arrivato prima o poi lo slogan, alcuni erano incomprensibili e mi piaceva correre dentro casa dei miei nonni urlando quello che avevo interpretato e ricordo come se fosse ora la faccia divertita dei miei nonni che sentivano questo bambino urlare di mele, pesche, fagiolini, sedie e chi più ne ha più ne metta, alcuni erano talmente fantasiosi che nemmeno lo urlavano il prodotto che vendevano, ma inventavano veri e propri motti per farsi riconoscere ed ero convinto in quegli anni dell’ infanzia che chi avesse la canzone o lo slogan più divertente in qualche modo avesse i prodotti più buoni,
Le voci degli ambulanti avevano fatto colpo sul bambino, mi rendo conto che con me era facile, io sceglievo il cartone da vedere in base alla sigla, se mi piaceva la canzone iniziale lo guardavo e aspettavo ovviamente la sigla finale.
Ma passeggiamoci per questa Napoli di ambulanti, dove le loro voci hanno scandito generazioni, identificato luoghi, facendoci conoscere figure che forse senza questo nostro attaccamento alla città, avremmo perso nei ricordi proprio dei nonni.
L’ambulante, un artista prestato alla strada per rinfrancare lo spirito di attori e spettatori di questo vivo teatro napoletano, ce ne sono anche alcuni famosi o resi famosi, come Furtunat ,quello della canzone di Pino Daniele un signore sulla cinquantina che negli anni ’70 passava nei vicoli del centro storico vendendo i buonissimi taralli “nzogna e pepe” e “Furtunat tene a roba bell … nzogna nzo’” insomma dava quel tocco di felicità ai vicoli bui del centro storico di Napoli e, un animo sensibile come quello di Pino gli ha dedicato una storica canzone, non solo la musica celebra questa voce dei vicoli, ma anche il cinema, quello d’autore, dove Sofia Loren interpreta una contrabbandiera “venditrice di sigarette di contrabbando” il film è “Ieri oggi e domani” di Vittorio De Sica con cui vince il premio Oscar, continuando la nostra passeggiata virtuale scorgiamo un altro ambulante storico “o ‘Sapunar” ovvero colui che vendeva il famoso sapone di piazza, si comprava a peso, da questo unico pezzo di sapone grande e lui tagliava il quantitativo richiesto e in cambio non voleva necessariamente soldi, ma anche oggetti usati insomma qualsiasi cosa era buona per avere in cambio del sapone per lavarsi, e poi ci dicono dal nord :<< non vi siete mai lavati>>. Da questo modo di agire del nostro Sapunaro ne sono venuti anche tanti detti popolari, insomma sentirsi chiamare Sapunar non era proprio bello, significava essere poco affidabile.
In conclusione le voci degli ambulanti sono state le vere voci, le musiche dei quartieri, la pubblicità più genuina dei napoletani, pubblicitari della vita.
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