Faccio una piccola premessa. Ammiro R. Saviano per il coraggio, per il suo lavoro, per la tenacia e la voglia di denunciare sempre e comunque, attraverso i suoi libri e i suoi interventi pubblici, la camorra, le cosche e i colletti bianchi delle cosche, un lavoro fatto a discapito della sua stessa vita, mettendo in pericolo se stesso e annullando ogni speranza di avere una vita “normale”. Ma oggi mi pongo una domanda:
Era necessaria una seconda stagione della serie Gomorra?
La tv è una macchina infernale che ogni giorno ci propina stili di vita, ci impone e ci da continuamente dritte su cosa pensare, come vestire, come mangiare e icone da emulare; tutto ciò che questo inizio millennio ci ha fatto capire è che noi, di idoli, non ne abbiamo, siamo alla continua ricerca di un modello da adottare, cerchiamo meticolosamente modelli semplici ed efficaci che ci facciano omologare ed accettare dalle masse; una volta essere accettato dalla massa era l’ultimo dei pensieri di un ragazzo di 20/25 anni, ma oggi non è così, vedo che c’è la paura di restare fuori dal branco, emarginati solo perché gli idoli non sono gli stessi dei tuoi amici. E’ inevitabile dunque che gli eroi negativi, che servono a denunciare una realtà sbagliata e brutale come Gomorra, diventino dei miti, delle icone da emulare, perché vi posso assicurare che per me, per voi che magari state leggendo, rimangono delle figure della più schifosa specie i vari protagonisti di Gomorra, ma per quel bambino che vive già in una situazione di disagio sociale e culturale purtroppo possono diventare figure da emulare, è stato bello e divertente scherzare sulle frasi di Salvatore Conte che ordina “duje frittur” e su quella di Don Pietro che dice: “e sold fanno l’omm onest”, ma devi avere una coscienza, devi essere già formato ad un idea di vita nel rispetto della legalità e della non violenza per scherzarci su (vedi i the jakal).
La mia generazione viene da un background vastissimo, noi abbiamo vissuto le stragi di Capaci e via D’Amelio come un vero e proprio attacco di guerra, abbiamo imparato a conoscere i pensieri di Giovanni Falcone come se fosse una rock star che è morto sul palco e l’umanità di Paolo Borsellino che è stato ostacolato dai suoi stessi colleghi e dalla politica corrotta, ci hanno fatto capire quanto sia difficile combattere il marcio che è radicato nel tessuto sociale italiano e anche mondiale( come ci ricorda lo stesso R.Saviano in Zero zero zero) o la tenacia e la testardaggine del giovane giornalista Giancarlo Siani, vittima della camorra e della passione per il suo lavoro.
Ci appassionammo, forse anche per una mia personale vicinanza politica, alla storia di un certo Peppino Impastato, un ragazzo, che alla fine degli anni ’70 dalla sua radio indipendente, Radio Out, denunciava le cosche mafiose del suo paese e il capomafia “Tano Badalamenti”; Peppino fu ucciso il 9 maggio del ‘78 (lo fecero saltare in aria legato sui binari della ferrovia Cinisi-Palermo), nello stesso giorno in cui Aldo Moro venne ammazzato dal gruppo terroristico delle brigate rosse; era facile far passare il gesto di Peppino Impastato per un attentato terroristico, per quanto il PC si teneva lontano dalla frangia armata delle B.R. Ma la mafia non aveva fatto i conti con con la forza più grande che esiste al mondo, quella di una donna, di una madre, che si è battuta e ha denunciato tutti i capomafia del suo paese pur di avere giustizia per suo figlio che combatteva e denunciava la mafia.
Ecco. Questo io ho visto di sbagliato in questi ultimi tempi: che il vero eroe di Gomorra è Robero Saviano, siamo tutti noi. Non Genny, non Salvatore Conte o Ciruzzo l’immortale. Purtroppo chi fruisce della serie a volte sono gli stessi che ho sentito dire: “Saviano si fa i soldi sui problemi di Napoli”, come se Napoli fosse un entità a se, come se Napoli fosse solo una cartolina da ammirare e da non entrarci dentro perché ti deve mettere paura!
Il caso o forse no, ha voluto che la sera della prima puntata della seconda stagione di Gomorra, l’attesissima e fortunatissima serie di Sky, la Rai ha trasmesso un film per la tv su Felicia Impastato, la madre di Peppino, e in quel momento mi sono detto senza pensarci troppo: Avrò modo di vedere Gomorra e di omologarmi, voglio vedere questa storia e sono stato felice di farlo, non potevo tradire Peppino, mio idolo e di tanti come me, simbolo di lotta, contro una storia che racconta le gesta di chi, a quelli come Peppino, li ha uccisi.
Io credo che Gomorra serva, a chi, come me, sa dove vive a non chiudere mai gli occhi, mentre Peppino Impastato, Felicia Impastato, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino o Giancarlo Siani, servano a riaprirli a chi è stato accecato dalle Gomorra.
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