Ieri, oggi e domani, un pluripremiato film di Vittorio De Sica, è un racconto strutturato in tre episodi, capaci di mettere in scena quelle che erano le peculiarità delle donne italiane nel secondo dopoguerra. Una Sophia Loren magnifica come sempre, capace di interpretare egregiamente la popolana napoletana, la borghese milanese e la sensuale prostituta romana, senza mai perdere di vivacità e fascino.
Il film, sceneggiato da maestri italiani quali De Filippo e Zavattini, prendendo anche in prestito un racconto di Moravia, inerpica e si districa egregiamente nel suo sviluppo anche grazie alla ineccepibile regia di De Sica. La macchina da presa è sempre in movimento, spesso con lunghe carrellate che seguono i personaggi in piani sequenza memorabili; è un film modernissimo nella concezione e nella realizzazione, capace di parlare lo stesso linguaggio di Hollywood pur essendo profondamente italiano. Ancor più interessante è il cambio di inquadrature: si passa da una maggioranza di campi medi nella prima parte, dove il contesto e l’ambiente diventano il vero personaggio, raccontato attraverso le vicende di Adelina; nell’episodio di “Anna”, invece, visto il dramma più intimo che si va raccontando, si passa ad una sequenza di primi piani stretti molto evocativi dove si rivela l’incertezza e la tristezza negli occhi di Mastroianni e la spaventosa vuotezza in quelli della Loren; nel terzo, “Mara”, invece, si notano molti più virtuosismi della macchina da presa, con zoom e movimenti ad avvolgere i personaggi, rivelando una ricerca estetica come climax per quella che poi è diventata una delle scene cult del film: lo spogliarello di Sophia Loren.
Ma, in questo articolo, voglio concentrarmi sul primo episodio di questo film premio oscar. Scritto da Eduardo De Filippo ispirato da una storia realmente accaduta, prende il titolo dal nome della sua protagonista: Adelina, contrabbandiera di sigarette nel quartiere Forcella di Napoli, che per evitare di essere arrestata ricorre ad una subdola, e ingegnosa soluzione: una serie di gravidanze.
Il tocco del genio della commedia Eduardo si sente tutto, e non delude: i dialoghi, leggeri ma mai banali, ci raccontano la vita della coppia protagonista con un’ilarità ed una dolcezza che divertono lo spettatore e lo rasserenano grazie alla briosità e la sincerità dei personaggi. Il contesto racconta di una Napoli generosa, viva, mai arresa davanti a quelle che sono le difficoltà di una città sempre in preda a crisi economiche e sociali evidenti.
Il contrabbando come stile di vita, come concezione di una società nella società, nel quale ognuno inscena un “ruolo” ben preciso ai limiti dell’illegalità.
L’aspetto romantico del contrabbandiere risiede nella fugacità della vita comunitaria che si svolge in strada, senza volute certezze e senza la tutela di uno governo ripudiato. Persone tenaci, mai chine dinanzi a quello Stato che li vorrebbe eliminare, non tenendo conto della loro funzione sociale (ne è esempio esplicativo il medico che nella pellicola è un cliente fisso della Loren), e soprattutto della loro condizione umile, incapaci di arrecare veri e propri danni alla società.
Forse è anche per questa condizione comune che poi si concentrano in quartieri ben precisi (come Forcella nel film) dove possono aiutarsi l’un l’altro inscenando ogni giorno quel teatrino caratteristico fatto di istintività, volgarità e leggerezza che rende quasi atemporali le loro vite; affascinanti agli occhi indiscreti di stranieri, divertenti per chi prende ogni cosa con ironia, e assolutamente inconcepibili e abiette per chi si sente un fermo sostenitore della legalità.
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