Docente di “Sociologia dell’arte e della letteratura” presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università “Federico II” di Napoli nonché autore di decine di libri e saggi, il prof. Luigi Caramiello (clicca qui per vedere la sua biografia) in questa intervista esclusiva ci ha illustrato come la città di Napoli e i suoi abitanti convivano con il sentimento della paura, argomento principe del nostro approfondimento di gennaio 2016.

Come viene vissuto il sentimento della paura a Napoli, in particolare tra i giovani?
Guardi, bisogna operare una distinzione fra un sentimento della paura legato alla contingenza epocale dell’attualità e alla dimensione della cronaca e invece un sentimento della paura di carattere primigenio. Mi spiego: noi viviamo in una città che sta collocata fra il vulcano più pericoloso del mondo e la caldera più minacciosa del pianeta. E dietro ci sono delle montagne, delle colline che frequentemente sviluppano delle alluvioni. Ora, questa è la nostra città storicamente. Una città abituata all’iconografia della cultura settecentesca, ottocentesca oltre alla città con sullo sfondo il Vesuvio che erutta lava mentre a Pozzuoli il bradisismo ha fatto di volta in volta fino a Posillipo metri e metri di costa abbassandola, alzandola. C’è tutta una dimensione antropologica, primigenia, arcaica, originaria e una dimensione di convivenza con la dinamica della minaccia e della paura. Quindi noi siamo una popolazione che storicamente  è avvezza con la coesistenza della dimensione del pericolo.

Spesso, nei paesi vesuviani c’è l’allarme Vesuvio: dal punto di vista sociologico come viene influenzata – se influenza – questa paura nel comportamento quotidiano delle persone che vivono lì?
Questo è di estrema importanza perché il fatto che in maniera legale o speculativa o abusiva ci siano centinaia di migliaia di persone che hanno edificato la loro villetta o il loro appartamento con il quale hanno vissuto o hanno sposato i figli i quali hanno costruito la casetta a fianco pur consapevoli pienamente del rischio che c’è in quell’area è la prova evidente che le nostre genti sono abituate a convivere con il pericolo. Se ne sono fatta una ragione, ecco. Hanno deciso di vivere la vita, “lascia che sia, lascia andare”…tanto il peggio che potrà capitare è che potranno morire. Non siamo nella Pianura Padana dove non c’è un terremoto o un ‘eruzione dove il massimo che può capitare è l’alluvione del Po o di qualche affluente. Noi invece siamo in una dimensione dove il pericolo dell’eruzione o del terremoto è incombente e immanente. E nonostante tutto ciò la gente continua a vivere.

Napoli, pur non essendo una città ricchissima e nonostante campagne contro l’immigrato di importanti esponenti politici, tutto sommato resta una delle città più accoglienti. Come si fa ad abbinare la povertà e l’accoglienza delle persone? Nel Nord-est, stando a quanto si legge, ci sarebbe un sentimento di xenofobia più forte. Perché?
C’è molta propaganda su questo. Nel senso che sia i media che i politici approfittano per lucrare consensi, per lucrare attenzione. Resta il fatto che nel Nord-Est ci sono migliaia e migliaia di immigrati che lavorano regolarmente con la casa della cooperativa, con l’appartamento fornito dal titolare etc… etc.. In alcuni casi, il titolare dell’officina è albanese o rumeno mentre il dipendente è italiano perché magari è più bravo e ha fatto carriera in azienda. Al di là delle boutade che può fare il leghista di turno per avere il punto in più alle elezioni e agitare lo spauracchio, resta il fatto che in realtà sono integrati molto bene in molte aree del Nord. Meglio di quanto non siano integrati nel nostro Mezzogiorno dove il lavoro è poco e spesso finiscono preda della criminalità a spacciare droga o esercitare prostituzione o a far lavorare in maniera vigliacca nei campi a nero per 20 euro al giorno con lavori massacranti. Mentre invece nel Nord-Est e in molte aree del Centro-Nord sono integrati, hanno un regolare contratto e vivono regolarmente. Le cose sono molto più complicate di come vengono proposte solitamente.

Napoli è una città in cui la superstizione è molto diffusa, quali sono le superstizioni più diffuse per combattere la paura e quali le sue origini?
Devo dire che anche su questo molte volte tendiamo noi a essere più folkloristici di quanto non ci dipingano all’esterno. Perché sì, Napoli è superstiziosa ma non so se più o meno di altre città. A Benevento c’è la superstizione delle streghe e in molte aree del Nord del paese ci sono superstizioni antiche legati a culti contadini di carattere arcaico oppure in molte zone della Sardegna c’è superstizione così come in molte zone della Sicilia. Voglio dire, sì siamo una città particolare, la superstizione ci appartiene ma non credo più di molte altre realtà. La nostra superstizione si annida anche nei culti, c’è una attenzione al malocchio, agli scongiuri ma io non credo che siano molto più pronunciate di altre realtà. Provo a banalizzare: se Lei vede un film come “Master & Commander”, i marinai inglesi se a bordo maturava la convinzione che c’era uno iettatore, bisognava attaccare questo marinaio che era ritenuto uno iettatore altrimenti l’equipaggio si ammutinava. Non so se è chiaro: sto parlando dei compassati esponenti della società marinara britannica. Noi abbiamo delle differenze e io le ho anche sottolineate, che sono differenze magiche e sublimi, poi che noi siamo più superstiziosi di altri…dovremo trovare degli strumenti. Noi abbiamo degli strumenti per misurare il tasso di superstizione di una popolazione? Noi lo diciamo così perché ci autoconvinciamo che siamo unici. Ma questa è una dimensione antropologica antica: ognuno è portato a immaginare una propria unicità e singolarità della propria razza, della propria comunità e ognuno di noi è convinto giustamente di essere unico e irripetibile però in realtà siamo tutti discendenti dall’homo sapiens. Ci sono delle costanti, degli universali che si riproducono in forma più o meno accentuata in tutte le realtà. L’unica cosa che possiamo dire con un certo grado di sicurezza è che quanto più una realtà afferma una cultura scientifica della razionalità tanto più la superstizione diventa un fenomeno residuale. E pur tuttavia, anche nelle realtà più avanzate, progredite, moderne e sviluppate poi magari vedi la gente che si tocca i co****i nel pieno del congresso di fisica nucleare…

 

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