“ ’O sapunar ten’ a Giott e nun ‘o sap’, se l’è scurdat” (il saponaro possiede un dipinto di Giotto ma non lo sa, se ne è dimenticato).
Così recita una bellissima canzone del gruppo rap La Famiglia, intitolata Odissea, dedicata alla città in cui sono nato e della quale mi innamoro ogni giorno di più. “Partenope è cchiù bell ‘e Venere” dice un altro verso della stessa canzone, ed è proprio così: Napoli è ricca di luoghi, monumenti e opere d’arte che la rendono una delle città più belle al mondo, o come ha scritto in un recente articolo un giornalista inglese, an “underrated gem”- una gemma sottovalutata. Alcuni di questi sono famosissimi e visitati dalla maggior parte dei turisti, altri, non meno belli, non solo sono sconosciuti e nascosti agli stranieri, ma addirittura dimenticati, o meglio ignorati, dagli stessi napoletani.
Uno di questi è sicuramente il Parco Vergiliano a Piedigrotta (da non confondere con il più famoso Parco Virgiliano a Posillipo), un’area piena di storia e poesia situato nei pressi della stazione metropolitana di Mergellina e visitabile gratuitamente. Questo piccolo paradiso prende il nome da un mausoleo-tomba che fin dall’antichità si ritiene custodisca le spoglie del poeta romano Publio Virgilio Marone. Ma la guida di Dante nella Divina Commedia non è l’unico fortunato a riposare in questo parco, poiché a pochi passi dal Cenotafio di Virgilio troviamo la tomba di un altro illustre poeta italiano, Giacomo Leopardi.
La presenza di questi due grandi protagonisti della nostra cultura è testimoniata dall’intreccio dei due percorsi offerti ai visitatori: uno letterario-botanico e l’altro storico-artistico.
Tutto il sentiero che conduce ai due monumenti sepolcrali è infatti costeggiato da piante e arbusti citati nelle opere dei due poeti, corredati da didascalie dipinte a mano su piastrelle maiolicate in cui sono riportati, oltre al nome della pianta, i versi dei poeti e le opere da cui sono tratti. È così possibile ammirare le famose ginestre a cui Leopardi dedicò una della sue ultime poesie, oppure immergersi tra gli allori, i cipressi e le querce di cui Virgilio parla nelle Bucoliche e nelle Georgiche. Probabilmente non sarà l’amore per la natura o il pollice verde a spingere il visitatore fin qui ma è davvero emozionante aggirarsi tra i sentieri per scovare e leggere ogni lapide con i versi dedicati da Virgilio e Leopardi.
Il percorso storico-artistico, invece, passa attraverso alcune testimonianze dell’importanza che il sito ha sempre rivestito per il mondo della cultura, come, ad esempio, il busto marmoreo del poeta vate regalato dall’Accademia Americana dell’Ohio nel 1930 in occasione del bimillenario della nascita di Virgilio. Una tradizione millenaria vuole che quest’ultimo, morto a Brindisi nel 19 a. C. volle farsi seppellire proprio a Napoli per sua volontà testamentaria, quella Napoli che lui stesso aveva scelto come sede di numerosi soggiorni. Una delle lapidi presenti nel parco, sembra confermare questo rapporto tra il Vate e questa città: in essa si legge “Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, mi tiene ora Napoli; cantai i pascoli, le campagne, i comandanti”. Secondo la tradizione queste parole furono dettate da Virgilio in punto di morte. Che si creda o meno alla leggenda, quel che è certo è che il colombario romano presente nel parco fu ben presto identificato come il luogo in cui giacevano le spoglie del poeta e fu così che molti grandi scrittori e poeti della tradizione letteraria italiana e, persino straniera, non mancarono di rendervi omaggio.
Anche Goethe, durante il suo Grand Tour, passò proprio di qui. Il poeta tedesco attraversò la Crypta Neapolitana una grotta scavata nel tufo, lungo un percorso di circa 700 mt., che univa Fuorigrotta e Mergellina, e il cui ingresso è proprio all’interno del Parco. La leggenda narra che la crypta fu scavata nella roccia in una sola notte da Virgilio, sfruttando le sue arti magiche. In realtà attraverso Strabone sappiamo che fu costruita per volere di Agrippa per migliorare le infrastrutture militari dell’Impero. La grotta fu da subito molto utilizzata dai cittadini, non solo come via di passaggio, ma ben presto anche come luogo di culto. Attraverso gli anni si passa così da luogo consacrato a Priapo, nel quale venivano celebrati riti orgiastici e propiziatori, alla costruzione, con l’avvento del cristianesimo, della Cappella dedicata alla Madonna Odigitria, una cui icona è ancora visibile in un affresco, e infine alla diffusione del culto della Madonna di Piedigrotta. La grotta, ben diversa da come appare oggi (ormai non più percorribile), doveva offrire in passato un meraviglioso spettacolo soprattutto nei giorni degli equinozi, poiché il sole si trovava perfettamente allineato agli ingressi all’alba e al tramonto, illuminando l’intera galleria.
Proprio in questi luoghi passò anche lo stesso Leopardi. Chissà se il poeta di Recanati immaginava che dopo la sua morte anche i suoi resti avrebbero raggiunto quelli di Virgilio. Nel 1939 infatti le spoglie di Leopardi, fino ad allora conservate nella chiesa di San Vitale a Fuorigrotta, furono trasferite nel Parco Vergiliano assieme alle Lapidi che la accompagnavano. L’imponente cippo funebre di marmo bianco, in linea con l’architettura fascista dell’epoca, ricorda nelle forme i monumenti funerari romani. È bello soffermarsi nello spiazzo che circonda il tumulo e pensare che il poeta dell’Infinito abbia potuto trovare qui quella “profondissima quiete” che egli stesso ricercava mirando “l’ermo colle”. Tuttavia quassù non c’è nessuna siepe che ostacola la vista dell’orizzonte. Anzi, risalendo alcune scale è possibile raggiungere una terrazza da cui ammirare una vista mozzafiato del golfo di Napoli: ed è proprio da qui che non si può non essere d’accordo con le parole della canzone, Partenope è davvero più bella di Venere… “E il naufragar m’è dolce in questo mare…”
Alfonso Migliaccio
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