T’accumpagne vic vic,
sul a te che si n’amic
e te port int e quartier
addo’ o ‘sole nun se vede.
Così comincia una delle canzoni ultime del folclore e della tradizione del classicismo musicale partenopeo; e non sbaglia mica. Se vuoi conoscere davvero questa splendida realtà, fatta di bianco, nero, colori sgargianti e azzurro ovviamente , urla e sussurri, palazzi storici e stendini zeppi di vestiti da asciugare, è proprio quello che vi invito a fare: passeggiare nei vicoli, dove possiamo trovare forme di umanità che ancora conservano, nonostante lo sfrenato progresso, un radicato senso di appartenenza a tradizioni che affondano le radici nei secoli passati.
Vieni, t’accumpagne vic vic, saliamo per i Quartieri Spagnoli, oggi quartiere multietnico che ha abbracciato diverse culture e pian piano si sta scrollando di dosso quell’etichetta di quartiere malfamato di un tempo .
Nei vicoletti dei Quartieri Spagnoli tra le salite strette c’era una figura principe,o meglio… principessa (mi si conceda) della napoletanità dei “vicoli”: O ‘femmeniell.
Proprio qui dove i codici camorristici del vicolo facevano da padrone, i femminielli trovano la loro dimensione sociale, tra prostituzione, tombolate e matrimoni, le gesta dei femminelli si radicano in una Napoli anche brutalmente teatrale; non a casa in “la gatta cenerentola” di Roberto De Simone o nelle commedie di Annibale Ruccello (il Rione) si canta del quotidiano di queste figure della tradizione partenopea che, a dirla alla Giovan Battista Della Porta “ più femina che le istesse femine”; il napoletano ha sempre accettato e mai discriminato un uomo che viveva e faceva sfoggio della sua sessualità con la libertà che solo un anima pura puo’ comprendere; tra l’altro ai femminielli veniva attribuito il superstizioso dono di portare fortuna, e difatti i neonati venivano messi nelle loro braccia in segno di buon augurio per il futuro del bambino stesso; non era di certo una figura elegante , ma sicuramente molto più veritiera e reale della borghesia che non ha mai abbandonato l’etichetta.
I femminelli si sono ritagliati spazi sociali ben precisi: ruoli da interpretare come se la loro vita si svolgesse su un palcoscenico a cielo aperto,o ,per restare in tema, a vicolo aperto, dove l’uscio di casa diventava l’accesso a questo palco bellissimo fatto di vita vera e anche di sentimenti.
Il folclore non li ha abbandonati mai e loro stessi, con quell’ironia che li ha da sempre contraddistinti, si sono inventati forse uno degli spettacoli più reali, lo spaccato teatrale nella vita vera, nei vicoli (nei “bassi” o’ vascio per intenderci) in mezzo ai palazzi seicenteschi: “A tombola de’ femmenielli”, uno spettacolo esilarante, colorato e colorito nei termini, portato ora come un vero e proprio spettacolo di teatro, niente di più che il passatempo che questi personaggi regalavano nei vicoli tanto bui portando colore e sorrisi a chi per condizione sociale aveva davvero poco da sorridere.
Ai napoletani le diversità non hanno mai spaventato, anzi, hanno sempre accolto con calore e compassione chi è diverso per collocazione sociale, economica e anche sessuale, perché questo popolo sa bene che nulla è per sempre e che tutto finisce; ha imparato a godere delle gioie e disperarsi per le disgrazie (forse anche troppo), come se l’individuo stesso fosse un amplificatore di emozioni.
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