«È che ora sono nella mia vera dimensione, mi accetto e mi piaccio. Assomiglio di più all’idea che ho di me»

Questa è una delle frasi finali del film “La kryptonite nella borsa”, tratto dall’omonimo romanzo di Ivan Cotroneo pubblicato nel 2007.
“La kryptonite nella borsa” racconta della “storia di un bambino con gli occhiali, di una famiglia e di un supereroe. Ma non è una storia sull’infanzia, è una storia sull’amore’’.
Il romanzo è ambientato nella Napoli del 1973. Il piccolo Peppino Sansone, ragazzino dall’ aspetto un po’ brutto e con gli occhiali, a causa di una crisi coniugale che sta interessando i suoi genitori e che porterà la madre ad una profonda depressione, si ritrova ad essere affidato alle cure dei suoi due zii hippies, Titina e Salvatore, che sognano di lasciare Napoli per realizzare il loro sogno di diventare cosmopoliti e che lo immetteranno nel loro mondo fatto di collettivi femministi, di droga e di amore libero. Ma quando Titina rimane incinta fuori dal matrimonio, emergono gli influssi di una visione popolare, tipica di quegli anni, della vita di coppia: era necessario un matrimonio riparatore.
Peppino ha un suo mito, suo cugino omosessuale Gennaro che crede di essere il “Superman” napoletano alla ricerca spasmodica della kryptonite che si presenterà sotto forma di un autobus sotto al quale si getterà e morirà suicida dopo aver appurato di non essere completamente “accettato” da Salvatore che, incoerentemente rispetto ad un simile atteggiamento, frequenta ambienti liberi da ogni pregiudizio, soprattutto di natura sessuale . Da questo momento in poi, Peppino crea una proiezione mentale di Gennaro che lo soccorre tutte le volte in cui il ragazzino si trova in difficoltà.
Proprio Gennaro, nel discorso finale, dà una lezione di vita a Peppino dicendogli che nella vita la felicità non è facile da raggiungere e che bisogna avere la forza di essere se stessi, in un elogio del valore della ‘’diversità’’ che lascia momentanea­mente interdetto il bimbo che si sente perennemente escluso dalla società.
Peppino è un alienato. La sua alienazione però lo porta ad osservare molto, sembra quasi che si voglia allontanare dal mondo che lo circonda per potersi rifugiare in uno spazio fantastico in cui nessuno (o quasi, basti pensare a Gennaro) può accedere e scorgere cose che solo lui può vedere. D’altronde Peppino è pur sempre un bambino che, in quanto tale, si comporta da bambino e che osserva gli adulti, che dovrebbero amarlo, incoraggiarlo, guidarlo ma che non hanno mezzi per guardare oltre. Proprio per questa ragione Peppino crea, nel suo immaginario, il suo supereroe, il suo grillo parlante Gennaro nelle vesti di Superman che, essendo molto simile a lui e vivendo in una società in cui non si sente compreso, sembra essere l’unico che lo capisce e lo accompagna nei momenti di solitudine e di difficoltà. Superman assurge a spirito guida per Peppino, ma in realtà è il suo doppio, fatto a sua immagine e somiglianza creato dalla fantasia di un bambino che vuole darsi coraggio. È il suo occhio sul mondo.
Nel finale fiabesco, Cotroneo lancia un messaggio di speranza per chi si trova in difficoltà con la propria identità, un messaggio teso a far sì che nessuno debba omologarsi al pensiero corrente. ” E’ un discorso sulla specialità delle persone, su quanto sia complicato e doloroso diventare ciò che si è”.
Cornflake_&_VivianCotroneo è figlio di una Napoli degli Anni ‘70 pervasa da mille influssi,  ma anche da mille contraddizioni. Era un ambiente in cui non era  consentita alcuna diversità manifesta, in cui vigevano leggi sociali che  non consentivano altro che omologarsi ad una prassi già consolidata. Ci si  doveva nascondere per sottrarsi al pregiudizio di una città e delle sue  periferie non ancora pronte ad aprirsi a quelle che si credevano essere  delle ‘’trasgressioni’’.  Era una Napoli alle prese quindi tra il vecchio e il  nuovo, una Napoli che si trovava in una sorta di limbo dal quale era  difficile uscire perché si doveva dividere tra la voglia di evoluzione sociale, basti pensare alla nascita in Italia del Movimento di liberazione omosessuale o il F.U.O.R.I, e il dogmatismo della realtà provinciale.
Cotroneo attraverso il suo romanzo, a tratti autobiografico, cerca di fotografare la psicologia di quel periodo, colto e ristrutturatore senza dubbio, lontana da quello che oggi potremmo definire politically correct, ma che forse non era ancora pronta ad aprirsi a cambiamenti radicali, dove probabilmente l’omosessualità era vista come un qualcosa di meramente fisico senza implicazioni affettive o psicologiche.