Se facciamo un tuffo nel passato, a Napoli, troveremo arti, mestieri, lavori che non esistono più o si sono evoluti e raffinati come la maggior parte delle cose che ci circondano.
La tradizione ci dice che non solo bisognava essere abili nella propria arte ma era soprattutto necessario saper vendere; già nel secolo scorso, fin da quando forse la parola marketing non esisteva nemmeno nel nostro linguaggio, i napoletani sapevano vendere molto bene il proprio mestiere.
Tra tutte le figure professionali che appartengono alla tradizione partenopea ce n’è una che brilla di una luce particolare: a’ Capera, vero punto d’incontro tra le persone, considerato il notiziario di quartiere più dettagliato e fantasioso che sia mai esistito.
Altro non era che una parrucchiera a domicilio e girando di casa in casa ascoltava il momento di sfogo, la lamentela, la confidenza che la cliente in quel momento; vuoi perché al popolo napoletano la comunicazione non è mai mancata, vuoi perché entrando in casa si instaurava fin da subito un rapporto confidenziale con la pettinatrice o vuoi perché la signora del piano di sopra aveva fatto uno sgarro e a qualcuno la cliente doveva raccontarlo, la capera diventava inevitabilmente la custode dello sfogo e della lamentela, del segreto…ma solo fino alla prossima cliente.
Era certo, matematico quasi che un segreto in pasto a una capera diventava poco dopo di dominio pubblico, era una cosa che ogni persona sapeva, ma forse inconsciamente la stessa cliente che si confidava lasciava un tacito assenso alla capera di riportare quanto aveva appena sentito all’interessata/o oppure a persone vicine che ci avrebbero messo davvero poco a riportare fatti e storie appresi durante un acconciatura, un consiglio sul trucco, fate voi.
La capera, le migliori diciamo, si prendevano anche la briga o la licenza, di colorare la storia a proprio piacimento rendendo il racconto nu ‘ciucio. L’inciucio, ovvero il pettegolezzo prende forma per caso e si arricchisce casa dopo casa, acconciatura dopo acconciatura di un dettaglio, un particolare inesistente, ma che ci sta benissimo nel racconto, quasi a voler creare una storia romantica e fantasiosa, una favola, tra un taglio alla cioccia di capelli e un extension (all’aneddoto ovviamente) il popolo napoletano ha sentito storie e segreti che senza la figura della capera non si sarebbero mai scoperte.
Parliamo di una figura multipla e versatile: parrucchiera, cantastorie, N’ciucessa, investigatrice. Proprio così, quante cose si sono sapute tramite i racconti delle capere? Adulteri, sgarri tra condomini, pettegolezzi frivoli, ogni cosa che passava tra le mani di una capera poteva diventare uno scandalo o una favola bellissima.
Oggi il termine ha perso quasi del tutto il suo significato e valore originario, ma resiste per indicare una persona pettegola che anche senza volerlo si trova a parlare con tante persone e senza cattiveria o malizia innesca lo ‘nciucio.
Ora mi raccomando acqua in bocca … nun facit comm’ e ‘caper .
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