Con Le voci di dentro De Filippo ha messo in scena il tema dell’ambiguità, il rapporto sottile che corre tra l’illusione e la convinzione, il sospetto che alberga in un mondo dove gli uomini ogni giorno perdono fiducia negli uomini, fratelli contro fratelli.
Una rivalità vecchia come il mondo, dove forse siamo tutti un po’ come Caino e Abele; Eduardo smaschera la parte di noi di cui ci vergogniamo di più: l’egoismo, che viene fuori in una Napoli (Italia, ndr) segnata dalla guerra appena finita e la paura di non farcela e si è pronti ad accusarsi l’un l’altro, pur di passare per le persone migliori che non siamo.
Analizzeremo attraverso i personaggi chiave di questa rappresentazione lo spaccato di vita portato in scena da Eduardo, che si ripete ogni giorno, quando l’umanità resta inerme, sconcertata e in silenzio davanti alle brutture dell’uomo. Cercheremo con ambizione, mi si conceda, di descrivere l’uomo Eduardo; attraverso le sue opere teatrali racconteremo i suoi sentimenti, la sua visione del mondo e gli insegnamenti che ha voluto impartire ad un popolo amato e odiato, con le contraddizioni di chi vive una realtà bellissima che spesso si trasforma in una favola, una commedia o una tragedia.
La commedia “Le voci di dentro” fa parte insieme a “ Questi fantasmi” e “la grande magia” del teatro fantastico e assurdo di Eduardo attraverso cui è possibile interrogarsi sul confine sottile tra il sogno e l’illusione, il mistero che è sempre presente in ogni storia napoletana che si rispetti. Scandagliando nell’intimo della famiglia, si mette a nudo quello che non sarebbe mai potuto uscire dalle mura domestiche di una famiglia rispettabile.
Il genio dell’ autore viene fuori quando conosciamo il personaggio principale della commedia, forse un pazzo, forse un brav’uomo: Zio Nicola detto “Sparavierz” (spara versi) poiché il suo unico modo di comunicare è ai limiti dell’assurdo: rinunciando all’uso della parola, si esprime solamente attraverso botti e fuochi artificiali, girandole colorate e tric trac.
Ma perché? Cosa rappresenta questa figura così ambigua e “silenziosa”?
A spiegarlo è il nipote Alberto Saporito, l’unico in grado di capirlo: “Parlare è inutile, perché il mondo ha smesso di ascoltare” , è questo che spiega il nipote Alberto quando si troverà faccia a faccia anch’egli con le brutture dell’umanità. Zio Nicola è la coscienza, la saggezza che resta in silenzio quando il mondo è troppo violento e non c’è più la pace, unico obiettivo vero dell’umanità.
Lo stesso Eduardo, prova a spiegare il personaggio di Zi’ Nicola. Come ogni personaggio del suo teatro, anche lui viene dalla realtà, affonda le radici nel popolo e dà un volto a caratteri, maschere che Napoli offre in dono alla società, spiega in un’intervista “Quando io scrivo, io sento parlare dentro di me il mio personaggio, sento parlare il mio popolo, il personaggio è ricercato in esso. Lo zio Nicola per esempio, esiste. In una vecchia raccolta di articoli di Ferdinando Russo parla di un fuochista napoletano e descrive con precisione questa specialità, questa arte. Era un poeta dei fuochi artificiali. Quando si innamorava i suoi razzi e le sue girandole erano bellissime, tutti colori teneri . Se era triste invece si avvertiva dai colori e anche dagli scoppi. Aveva un suo modo di esprimersi attraverso questa forma d’arte. Siccome io avevo bisogno di un personaggio che rappresentasse la saggezza (e la saggezza non puo’ parlare), allora mi ricordai di Zio Nicola, vedevo questo personaggio e poi lo avevo impresso dentro di me anche perché lo conoscevo[…]” [Da Sipario, Roma n° 119, 1956]
“La saggezza non può parlare” dunque. Come fa a parlare la saggezza quando è sottoposta ogni giorno a spettacoli raccapriccianti? Proprio dove dovrebbe esserci l’amore e la comprensione e invece, ahimè, si trovano sospetto e odio reciproco in una vita che ha sostituito la parola convivenza con la parola sopravvivenza.
Solo in punto di morte, poco prima di esalare l’ultimo respiro, Zio Nicola si decide a parlare e il suo respiro non può che essere un fuoco pirotecnico, verde che ne annuncia la morte. Il silenzio dopo i fuochi è rotto dal sol proferire di Zi’ Nicola : “Per favore, un poco di pace!”.
La saggezza abbandona così la scena lasciando Alberto da solo, a subire quello che stesso lui ha creato; anche a causa sua il mondo risulta così brutto. Se ne rende conto ancor di più, quando a tradirlo è il suo stesso sangue, il fratello Carlo che per la famosa e brutale legge del “mors tua vita mea” approfitta della debolezza dell’uomo nel momento più sconfortante della sua vita.
Le voci di dentro merita di essere posta tra le più belle e significative commedie di Eduardo; dall’opera emerge lo specchio di una vita torbida come torbidi sono i sogni dell’uomo. Una sconcertante e desolante commedia in cui crollano l’amore e la certezza, perché ai suoi uomini “le voci di dentro” non parlano più. Proprio quelle voci della coscienza che hanno parlato per una vita intera a Zi Nicola: “fai così, questo non farlo, cambia strategia” seguendole, poteva essere sicuro di essere sulla strada giusta.
Forse l’insegnamento che lascia lo spaccato teatrale è proprio questo, che l’umanità non è del tutto perduta, ma per ritrovarsi occorre ricominciare ad ascoltare quelle voci di dentro ormai assopite. Solo così l’uomo potrà avere ancora sogni limpidi, questo è il significato morale e poetico di questa bellissima commedia.
E ora, un poco di pace.
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