Quando si parla di diritti civili, il nostro Paese ha sempre mostrato una solida propensione alla lentezza. Una lentezza che, a parere di molti, rispecchierebbe la società e ne sarebbe immediata conseguenza.
Ma cosa accade quando la politica è più indietro rispetto alla società?
Accade che il rischio di osare si affievolisce. Aumenta quello di accontentarsi, di sfociare in un semplice e sommesso “meglio di niente” e rintanarsi nel gruzzoletto di diritti appena conquistato.
Si è detto tanto sul testo di legge Cirinnà.
La disinformazione ha avuto il ruolo della larva che mangia la mela da dentro, demolendo l’impalcatura di un disegno di legge già di per sé molto basilare.
Eppure, nonostante questo suo carattere “minimo”, la legge Cirinnà ha subito modifiche che ne hanno diminuito ancor di più la portata. Innanzitutto è stato abolito l’istituto della stepchild adoption. Possibilità di adottare un bambino chiuso in orfanotrofio, utero in affitto, possibilità di ricorrere a tecniche di fecondazione assistita per le coppie lesbiche? Nulla di tutto questo.
La stepchild adoption non prevedeva altro se non l’adozione del figlio già avuto dal partner: un atto di civiltà che non andava a viziare le coppie gay che non si accontentano del ruolo cui le ha rilegate la natura, come è stato più volte detto, bensì solo a tutelare la figura del minore, assicurandogli un diritto fondamentale per essere tutelato.
Altra modifica fatta al testo Cirinnà è stata l’abolizione dell’obbligo di fedeltà: un atto fatto per differenziare l’unione civile dal “troppo simile” matrimonio.
C’è dunque da gioire o meno per la conquista di questo primo step legislativo?
Abbiamo chiesto a chi, quotidianamente, è impegnato nella lotta per i diritti delle persone LGBT.
Claudio Finelli, presidente di Arcigay Campania, ci ha riferito il suo pensiero:
“la legge sulle unioni civili è senza dubbio un grande passo di civiltà per il nostro Paese. Ovviamente, il modo in cui si è sviluppato il confronto al Senato e le modifiche apportate al disegno di legge sollevano preoccupazioni e perplessità più che legittime. Adesso però abbiamo uno straccio di legge da cui iniziare. È da cui ripartire per continuare a lottare per l’uguaglianza e contro ogni stigma. E, considerando che Angelino Alfano, parla nuovamente di “contro natura”, significa che la lotta è ancora importante e necessaria”.
Antonello Sannino, presidente di Arcigay Napoli, ha aggiunto:
“Ho sempre pensato che la legge sulle unioni civili fosse un passo necessario per questo Paese, non esclusivamente per la comunità LGBT, ma per l’intero benessere della nostra società. Negli ultimi anni si è poi aperto il fronte di rivendicazioni delle delle famiglie arcobaleno, ovvero famiglie composte da genitori dello stesso sesso, che purtroppo non vedono riconosciuti i diritti fondamentali di famiglia che ha una progettualità di genitorialità, la quale spesso viene poi concretizzata all’estero. Queste famiglie non solo chiedono il riconoscimento pubblico dei loro affetti, del loro amore, del loro essere famiglia, ma chiedono che vengano tutelati i diritti dei loro figli e il diritto fondamentale al riconoscimento della loro genitorialità. Solo in apparenza può sembrare che ci siano due anime nel movimento LGBT italiano, ma, in realtà, non è così: tutto il movimento chiede da sempre un unico grande diritto, il diritto all’Uguaglianza, quel diritto che non può lasciar dietro nessuno, fosse anche un solo cittadino o una sola cittadina e che tocca difendere anche se apparentemente sembra che sia una cosa lontanissima da noi. Difendere l’uguaglianza e la felicità dei propri cittadini è il diritto primo di una comunità e non vi è, in una scala di priorità, nulla che può venire “prima”. Per questo è ovvio che sia necessaria una legge per le Unioni civili, ma è altresì ovvio che questo testo passato al Senato è molto lontano dalla perfetta e necessaria uguaglianza e, per questo, continueremo a utilizzare ogni strumento di pressione politica e culturale, compresa la piazza, ed è per questo che continueremo a lottare”
“Abbiamo però uno stralcio di legge da cui iniziare e da cui ripartire per continuare a lottare per l’uguaglianza e contro ogni stigma”. In sociolinguistica il contrario di stigma è privilegio. Comprendere la necessità di rendere esecutivo il testo di legge Cirinnà implicherebbe un cambio di prospettiva: essa più che mera rivendicazione di diritti andrebbe intesa come tutela di diritti e doveri che ad oggi paiono essere privilegio esclusivo di una specifica categoria sociale, quale gli eterosessuali legati dal vincolo del matrimonio.
L’articolo 3 della Costituzione prima di uguaglianza nei diritti e nei doveri parla di uguaglianza tra i cittadini e di questi davanti alla legge. Riconosciuto come principio alla base delle democrazie costituzionali, esso reca un messaggio chiaro ed oggettivo. Al pari è il disegno legge Cirinnà. Ancora, distinguiamo in sociolinguistica gli atteggiamenti dai pregiudizi. Questi ultimi si differenziano dai primi per una mancata esperienza da cui essi si originano.
La società italiana si evolve ed impara ad interiorizzare il concetto di soggettività nel giudizio di ciò che è normale e ad apprezzare chi è diverso nelle scelte, prescindendo dalla natura che le muove, intendendo la diversità come ricchezza, ampliamento di orizzonti.
La società muta il suo atteggiamento sulla base di un’esperienza diretta.
La società italiana, o comunque buona parte di essa, laica nel suo giudizio riconosce che un individuo si approccia ad un altro individuo in conseguenza ad una serie di impulsi naturali, dai quali può o meno evolvere il sentimento del tutto astratto che è l’amore.
Perché è drammaticamente assurdo pensare che ad oggi ci sia ancora chi si batte per concretizzare tale astrazione firmando un contratto definito come vincolo matrimoniale?
Perché il pregiudizio dovrebbe limitare tale forma di coraggio?
Che forse le istituzioni non siano ancora pronte al rispetto dei doveri nei confronti dei loro cittadini tutti, lo si inizia a pensare.
Ed intanto accanto al tricolore nelle piazze si son sventolate bandiere arcobaleno e forti sono i dubbi che questa ventata di sedicente moralità tra i voti di chi è al vertice costringa a ripiegarle e tacitamente accontentarsi.
Gianluca Grimaldi e Concetta Costanzo.
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