Mi chiamo Matilde Serao e sono stata la prima donna ad aver fondato e diretto un giornale: Il Mattino.

 

Mi chiamo Matilde e la mia storia mi ha fatto male, ma anche bene da morire, e pure amare, pur sempre combattendo.
Mi chiamo Matilde e non ero poi molto bella, ma di bellezza me ne servì poca. Avevo altro che mi ardeva dentro, di molto più seducente. Mia madre… lei sì che era bella, e quanto la amavo. Morì quando le cose che avevo da dirle erano ancora troppe.
E a mio padre che devo le mie aspirazioni più grandi; quando ci trasferimmo a Napoli, Dio solo sa quanto ami quella città, lui lavorava presso un giornale. Mi portava con sé in redazione, mi sono sempre chiesta cosa ci facesse una ragazzina che non sapeva né leggere né scrivere in quel tempio sacro. La risposta forse è che ci stavo bene, ma non sapevo che in una redazione ci sarei nata, consumato tasselli di vita e poi morta.
A sedici anni sono riuscita a prendere il diploma per maestra e per un po’ ho anche lavorato come ausiliaria ai telegrafi di Stato. Traducevo in parole codici telefonici, quando in parole volevo tradurre solo i miei pensieri.
Così, con tutta la tenacia che mi pulsava in corpo, ho iniziato a scrivere brevi articoli per “Giornale di Napoli”.

Mi chiamo Matilde, e come accade a molti, ho dovuto fare le valigie per realizzare certi sogni. E’ a Roma e a ‘Ciquita’ che devo i miei primi successi. Chi è Ciquita dite? Matilde è Ciquita, Ciquita è Matilde. Ero io che scrivevo sotto falso nome per “Capitan Fracassa”. La gente impazzisce per un segreto, un’identità misteriosa. Raccontavo di cronaca rosa, raccontavo degli altri con i miei colori.  Ammetto che ne usavo di sgargianti; frequentavo i salotti mondani della capitale e non passavo di certo inosservata; ridevo forte, gesticolavo, una donna di fine ottocento non si comporta mica così! Ma ero in gamba, e gli altri se ne erano accorti, perché mi guardavano come si guarda una bella donna e mi lusingavano come se ne corteggia un ‘altra.
Come vi dicevo, in me abitavano altri tipi di bellezze.

Mi chiamo Matilde e mi ero innamorata.
Eduardo Scarfoglio.
Avrei potuto innamorarmi di un uomo solo nella mia oasi di perdizione: la redazione. Per lui ero un mal di testa, una miscela di materia, un pasto agrodolce che doveva assaggiare.
Mi assaggiò. Mi sposò. Ebbi con lui 4 meravigliosi figli maschi. In quel periodo assieme a loro partorii importanti romanzi; ero in maternità letteraria e umana.
Ciò che mi fece impazzire di Eduardo fu che lui si unì a me in due importanti sacramenti: il matrimonio… e il lavoro. Fondammo insieme un giornale quotidiano “Il corriere di Roma”.
Alle persone non piace parlare delle proprie sconfitte. Mi limiterò a dirvi che fu difficile. Che fu un fiasco. Che ci addebitammo. Un banchiere livornese cercò di aiutarci, si accollò i nostri debiti, ma in cambio ci chiese di gestire il suo giornale nella città della mia adolescenza che decidemmo di chiamare “Il corriere di Napoli”.
Mi chiamo Matilde e il 1892 fu l’anno più sconvolgente della mia vita.
Qualcosa mi uccise e qualcosa mi tenne in vita.
Nel 1982, dopo l’esperienza al “Corriere di Napoli” nasce un nuovo giornale: “Il Mattino”.

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Il Mattino- fonte: commons.wikimedia.org

Un nome bellissimo. Al mattino c’è ancora tutto da vivere, da raccontare, da scrivere. Dentro di me però era una notte continua; io e mio marito ci separammo… la sua amante si suicidò sull’uscio della porta di casa nostra, lasciando ad Edoardo la figlia nata dalla loro unione ed un bigliettino con su scritto: “Perdonami se vengo a uccidermi sulla tua porta come un cane fedele. Ti amo sempre”.
La notte che avevo dentro non posso spiegarla, è troppo scura, e dentro al buio non si fa ordine.
Forse è l’unica cosa che non so scrivere.
Il suicidio di quella donna non fu l’unica coltellata alla schiena; mi accusarono di aver ricevuto soldi in cambio di posti di lavoro. Nonostante i tentativi di Edoardo di difendermi dopo qualche anno venni cacciata dal giornale.
Negli anni avvenire Edoardo morì e con lui un pezzo di me.
Io fondai un nuovo giornale “Il Giorno “, ma era “Il mattino”, come Edoardo, la mia dannata vocazione.
Mi risposai, un uomo si accorse che avevo ancora tanta bellezza da far leccare via. Morì prima di me. Da noi nacque Eleonora.

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Matilde Serao- fonte: en.wikipedia.org

 

Mi chiamo Matilde e non ero bella, ne affascinante, ne signorile. Ma volevo scrivere. E questo desiderio mi bastò tutta la vita. Il mio figlio più bello, “Il Mattino” è adesso un po’ il figlio di tutti.

Ieri era il mio sogno, oggi è il vostro giornale, domani sarà il portavoce di una nuova notizia.

Mi chiamo Matilde e sono morta d’infarto mentre scrivevo. Come vi ho detto, di scrivere, non ne ho potuto fare a meno fino alla fine.