La cultura è, nelle sue molteplici sfumature, minaccia, da sempre, per le più disparate forme di potere.

In Italia, è innegabile, che, accanto al potere dello Stato, che sia capace esso di esercitarlo o meno è oggetto di lunga disquisizione che non sarà affrontata in questo ambito, esistono, dicevamo, il potere del Vaticano e quello delle organizzazioni mafiose.

A Napoli, esiste la camorra.

De Magistris, sindaco in carica, aggiungerebbe ‘non solo’. Abbiamo il mare, il sole, la pizza, Pulcinella con il mandolino e ‘la stesa’. ‘Fare la stesa’ in quel di Napoli significa sparare il terrore da pistole automatiche e fucili d’ alto calibro, senza esclusioni di colpi. Il centro storico di Napoli da mesi è teatro di una faida tra bande di ragazzini, ‘la paranza dei bambini’, la chiama Saviano. Ed anche qui De Magistris invita lo scrittore a fare attenzione alle etichette. ‘I bambini sono la gioia‘, afferma. Chi non definirebbe così ragazzini armati, sciagurati senza nulla da perdere, perché nulla hanno, che corrono a bordo di scooter truccati, aprendo il fuoco sui malaugurati passanti, minacciando con pistole alla gola loro coetanei in Piazza del Gesù, rendendo Piazza Bellini luogo inavvicinabile per mesi?

Le Vele, Scampia // fonte google

Le Vele, Scampia // fonte google

Che se poi muore Gennaro Cesarano, 17 anni, è un danno collaterale. Per loro, per le famiglie. Un errore da evitare affinché le nuove leve si inorgogliscano di una ‘stesa’ fatta bene. Le nuove leve che continuano a far capo alle famiglie, ai boss. Una faida comporterebbe soldi, manipolazioni. Meglio lasciar spazio ai giovani. Giovani da addestrare, da armare, attraverso i quali continuare a dominare sul territorio trasversalmente. Stanchi per esporsi, ma, comunque, per l’uscita di scena ci vuole tempo.

Gennaro Cesarano muore a 17 anni. Annalisa Durante muore a 14 anni, indignato raccontò Saviano. Coetanei.

Gennaro muore e l’opinione pubblica si divide. ‘Era il bersaglio, nessuna casualità’. Si ammazzano tra loro, meglio così. Diciassette anni. A diciassette anni, se sei il bersaglio, la società ha fallito ancor più se la pallottola ha sbagliato traiettoria. Che se la società non piange per quel numero, per quel diciassette, ma dubbiosa si chiede ‘era il bersaglio?’, senza riflettere sul perché a diciassette anni sei il bersaglio, non è De Magistris che ha fallito, ma la camorra che ha vinto.

Siamo nel 2015 e il brigantaggio esiste dal XVIII secolo. Le associazioni camorristiche nulla sono che lo sviluppo di quelle stesse bande armate del Mezzogiorno d’Italia. Uno sviluppo nel segno del progresso che ha raccontato Saviano nel suo libro-inchiesta ‘Gomorra’. Dallo stesso libro l’omonimo film, poi serie divenuta cult lo scorso anno. In attesa della seconda stagione le polemiche piovono su Saviano tanto da ricevere il no per le riprese dal sindaco di Acerra.

 

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La cultura fa paura. ‘Un bambino, un insegnate, una penna, possono cambiare il mondo’, Malala Yousafzai, attivista pakistana premio Nobel per la pace il 10 Ottobre 2014. Insegnare dovrebbe anche significare educare alla riflessione, allo sviluppo della capacità di giudizio. I bambini di oggi, quei bambini che danno gioia, saranno gli adulti di un domani mai troppo lontano. Adulti pensanti che in una realtà in cui si progettano speranze di cambiamento socio-lavorativo, scelgono di girare armati durante la notte bianca per la legalità al Vomero. Non a Scampia, Forcella, da sempre additate come agglomerati urbani in cui, come Gomorra ci fa vedere, ti insegnano a fare ‘il palo’ prima di imparare le tabelline tra i banchi di scuola, ma al Vomero. Durante una manifestazione per la legalità, per quei giovani che dovrebbero riflettere e concretamente vedere le possibilità altre che esistono se Napoli non fosse più ‘le Vele’ e ‘Posillipo’, ‘La Sanità e ‘Via Chiaia’, ma solo Napoli. ‘Liberata dall’immondizia’ come ricorda De Magistris ma sporca di sangue. Ancora e chissà per quanto.

Giovani in Piazza // google

Giovani in Piazza // google

Mondadori pubblicò ‘Gomorra’ nel 2006. Saviano racconta di una Napoli in cui l’unica istituzione riconosciuta o comunque con il silenzio accettata è quella della camorra. Saviano racconta e poi è costretto a vivere con la scorta. Che gli sia necessaria o no, non tocca a noi decidere. Per Saviano la scorta la meriteremmo noi lettori, perché è di noi che la camorra ha paura. Di quelli che leggono e creano idee, e le concretizzano scendendo in piazza, provandoci, nonostante ci si accoltelli poi. Ma comunque c’è chi scende in piazza. E sono scomodi, sono da mettere a tacere, sono bersagli su cui sparare, da far stendere a terra. Testa tra le mani e di nuovo il silenzio. ‘Saviano racconta da lontano’, sottolinea De Magistris, ‘e non tutto’.

Da fiera napoletana dico ‘E’ vero, non è tutto qui‘. Saviano racconta e, inutile illuderci, non è solo un libro, non è solo una serie televisiva da parodiare, da imitare tra compagni e in qualche caso, come De Magistris teme, sentirsi fin troppo adatto per quel ruolo da non considerarlo più tale. Ma mancano le proposte. Manca l’alternativa. Se è vero che il tempo speso nei salotti televisivi potrebbe essere impiegato concretizzando quelle idee che vengono difese muovendo attacchi, ci si chiede anche: hai aperto gli occhi ad oltre 2 milioni di lettori solo in Italia ma cosa c’è oltre Gomorra? In quale reale direzione consigli di indirizzare il nostro sguardo?