Quando i londinesi alzeranno gli occhi al cielo, sentiranno una vocina che suggerirà loro il sostantivo con cui chiamare quell’immenso tetto azzurro: “Sky”, come la famigerata tv/pay per view satellitare.
Ma una cosa non potranno più permettersi di fare: associarlo anche a “Skype”.
Sì, perché, dopo il 5 maggio 2015, “il cielo appartiene ad uno soltanto”: e quel cielo è di Sky.
La guerra legale tra Sky e Skype riempie le pagine dei giornali da più di 10 anni ormai per un motivo ben preciso: i due logotipi si somigliano moltissimo, sia nella dicitura che nel colore, nella forma e perfino nel jingle.
La diatriba nasce nel 2004 quando la società Skype ha chiesto all’ UAMI (Ufficio Armonizzazione Mercato Interno) di registrare il marchio “Skype” come marchio comunitario per apparecchiature audio e video, prodotti di telefonia, di fotografia e per servizi informatici legati a software o ad internet.
Ma nel 2005 e nel 2006, la società Sky ha fatto opposizione lamentando un rischio di confusione con il suo marchio denominativo comunitario (Sky), depositato nel 2003 per prodotti e servizi praticamente uguali.
L’ultima sentenza del Tribunale dell’Unione europea ha respinto il ricorso di Skype, dichiarando “l’esistenza di un rischio di confusione tra il segno figurativo e denominativo Skype e il marchio denominativo Sky”. La sentenza evidenzia “la somiglianza visiva, fonetica e concettuale tra i segni in conflitto” e il Tribunale ha confermato che “la pronuncia della vocale “y” non risulta più breve nel termine “Skype” che nel termine “Sky”, creando così confusione tra i due marchi.
Dalla lunghezza della diatriba si evince l’importanza della scelta di un logotipo, il quale, nella pubblicità, rappresenta l’immagine grafica di riferimento di un’azienda o anche di un prodotto, il corpo esterno di un’anima che, in questo caso, è il brand. Per far colpo sui consumatori, le aziende si rivolgono ad artisti, grafici, creativi, per ottenere il meglio sia in termini di freschezza che di originalità per costruire la propria identità.
In generale esistono alcune “dritte” che gli esperti del settore consigliano per dar vita ad un marchio di successo.Innanzitutto, non copiare dagli altri (non incappare nell’errore di Skype!).
Prendere spunto dai grandi però è sempre un ottimo modo per iniziare.
In generale esistono alcune “dritte” che gli esperti del settore consigliano per dar vita ad un marchio di successo.Innanzitutto, non copiare dagli altri (non incappare nell’errore di Skype!).
Prendere spunto dai grandi però è sempre un ottimo modo per iniziare.
Non bisogna cercare di tirar fuori dal cilindro il coniglio.
Molto spesso la semplicità è un valore aggiunto in questa fase creativa. Si pensi, ad esempio, alla Nike, che con la sua combinazione di colori, simboli e font ha rappresentato e rappresenta ancora un vero e proprio modo di essere delle attuali generazioni. La semplicità porta con sé il valore della memoria: un logo semplice è anche facile da ricordare e ciò favorisce l’instaurarsi di un legame stretto e duraturo tra il brand e il consumatore.
Un legame che può diventare eterno, come è riuscita a fare la Coca-cola.
Ma non si può pensare di costruire un logo senza tenere bene in mente che tipo di identità l’azienda vuole rappresentare. Quindi una delle prime cose da fare in assoluto è porsi delle domande (oltre ovviamente ad avviare un’analisi di mercato) su cosa vende la propria azienda ed in che modo questa può essere percepita dai consumatori nel mercato.
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