…Tu tien’ ‘mman a te’ sta vita meja…
quann’ fa notte ‘e o ciel’ se fa scur’
sul’ o ricordo ‘e te ce fa paura
chi campa ‘nsiene ‘a te, te para’ nient’
si jesce pazz è pazz overamente
l’unica verità pe’ tutt’ quante
sarria chell’ ‘e fui’
ma po’ addo’ jamm’

(E’ Zezi – Gruppo operaio)

Quale è stata la fortuna dei napoletani? Che per nascere “non potevamo scegliere un luogo migliore, la montagna che si è spaccata e partorisce lingue di fuoco, la femmina, la femmina che cattura e che fa paura. E laggiù il mare un dio calmo e irascibile, un maschio forte e tenace, in mezzo a questi due estremi che se si incazzano fanno paura a tutti quanti” (tratto dal film Mater Natura).

Napoli vive in equilibrio tra due tensioni continue, la montagna il Vesuvio ed il mare. Entrambi, come dei benevoli, hanno da sempre regalato prosperità alla Campania Felix.

Parlare del Vesuvio per un vesuviano D.O.C. è veramente difficile.
Nato e cresciuto per quasi trent’anni a Sant’Anastasia, uno dei tanti paesini che si arrampicano sul Monte Somma, cono storico del vulcano spaccato dopo l’eruzione del Vesuvio, ebbene si, quella forma sinuosa è nata nel 79 d.c.

Ho vissuto la crisi del vulcano degli anni Novanta, quella di inizio 2000 quando la terra trema, le fumarole aumentano, il vino nelle cantine bolle e si ha paura. Non lo si dice, non se ne parla, si vive facendo finta di dimenticare, ma sai dove vivi, sai che la terra che calpesti ogni giorno respira.

Ma come è possibile? Perché io e tanti altri viviamo lì?

I miei genitori sono originari del centro di Napoli. Perché si sono trasferiti in un luogo oggettivamente “pericoloso“?

Era l’inizio del nuovo millennio, frequentavo il liceo a San Sebastiano al Vesuvio, proprio il paesino distrutto dall’ultima eruzione del 1944, quando il Vulcano accompagnò la fuga dei nazisti. In quegli anni vivemmo una crisi profonda, i segnali dell’attività vulcanica erano forti, si avvicendavano gli studi, gli studiosi, le teorie ed i piani di evacuazione mai approvati né testati.
Ero a tavola, come spesso in quei giorni, stavamo parlando di una probabile eruzione e la tensione che si respirava, chiesi ai miei genitori:

“scusate, ma come vi è venuto di venire a vivere qua?
Quando comprammo casa non se ne parlava. Pensavamo fosse spento!”

Ebbene sì, la crescita dell’area vesuviana inizia soprattutto dopo il 1972, quando lo stabilimento Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco meglio conosciuto come Alfasud inizia la sua attività, un evento storico per Napoli e la Campania. Operai specializzati e quadri da Torino vennero a vivere nella provincia di Napoli, parchi borghesi crebbero finanziati dall’azienda o dallo stato (dopo il terremoto dell’80 con la legge 167 e 219 di edilizia popolare) nacquero le cooperative edili.

Eppure il vulcano è sempre stato lì e non si è mai mosso. Cosa è successo?

Semplicemente non ha più il pennacchio, è come mettere un coperchio su una pentola che bolle e dire è spenta! Si, questa tesi non regge e lo sappiamo; fatto sta, che tra gli anni ’70 e gli anni ’80 si creò il mito che il Vesuvio ormai non era un pericolo, non c’erano problemi, la crescita dell’Italia aveva coinvolto tutti, anche lui.

Cosa è accaduto?
I comuni si sono ampliati, le zone dedite all’agricoltura hanno dato spazio alle nuove abitazioni, nel segno dell’abusivismo si sono costruite ville stupende su promontori fantastici, basta visitarne le carcasse nella zona di San Vito dove è collocato l’osservatorio vesuviano ad Ercolano.

Proprio l’osservatorio è stato costruito nel 1841, da quel momento ha sempre continuato a monitorare, ma questo autoconvincimento di un vulcano spento colpisce, sembra, davvero tutti.

Quando, accade qualcosa, il Vesuvio comincia a dare segnali, viene scoperta una camera magmatica a 8 km di profondità, il Vesuvio esiste, non è spento, vive!

Ma tutto quello che riguarda il vulcano è avvolto da un alone di mistero. La zona rossa viene disegnata e ridisegnata, i piani di azione vengono proposti ma non somministrati ai comuni, la regione propone un bonus per acquistare ed allontanarsi altrove fuori dai comuni, fuori dalla zona rossa, gialla e arancione, eppure queste iniziative sono timide, blande.

Perché le crisi sono così, in quel momento si concentra l’attenzione, poi svanisce, per poi riaccendersi, e nel frattempo?
Si resta sospesi.

Anche per l’informazione indipendente non è facile fare chiarezza: un esempio è il progetto web MeteoVesuvio dell’avvocato Giuseppe D’Aniello, emblema di società attiva e coscienziosa, report, inchieste, lotte legali e attività di monitoraggio forniscono un quadro più complesso del vulcano e della sua gestione.

Le istituzioni si confondono, i vulcanologi danno allarmi, eppure vengono smentiti, ma non troppo, ascoltati ma non troppo.

Andando verso Salerno tramite autostrada si resta inquietati ed affascinati dalla bellezza e dal rispetto che la montagna trasmette, lì, immobile, si lascia ammirare ed un brivido percorre la schiena. Perché è amore e paura, terrore ed ispirazione, perché “l’unica verità pe’ tutt’ quante sarria chell’ ‘e fuje’ ma po’ addo’ jamm'”.