L’etimologia della parola abito, deriva dal latino habitus, che traduce: modo di essere, disposizione dell’animo, complessione, figura, apparenza e poi vestimento. Il che vorrebbe dire, tutto ciò che siamo destinati ad avere con noi, a portarci dietro continuamente.
Nell’atto del vestirsi, vanno ad intersecarsi un numero infinito di riflessioni e modi di essere. Scegliere un capo da indossare, vuol dire rappresentare ancora oggi uno status sociale, lanciare un messaggio, fornire agli altri l’idea che abbiamo di noi stessi e più di ogni altra cosa, come vorremmo che gli altri ci percepissero. Una moda che diventa un modo, un atteggiamento; che vesta gli intenti e solo alla fine, la persona fisica.
Arianna Razzano crea un modo di essere, crea un abito. Giovane talento della moda, artista in erba e attenta osservatrice, a soli sette anni inizia ad immaginare i volti a lei cari vestiti “nei loro panni”, associandoli dunque ad uno stile, i loro abiti diventano la loro estensione, cosicché un uomo diventa quell’uomo solo se associato a quell’immagine che noi abbiamo di lui. Passata l’età dell’infanzia, a tredici anni decide con frenesia di iscriversi presso l’ex Istituto Statale d’Arte di San Leucio, dove conseguirà la maturità che la spingerà sempre più decisa a continuare gli studi in fashion design presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Ed è qui che inizierà il suo percorso di formazione più significativo.
Napoli e le sue virtù taumaturgiche sono state l’ispirazione necessaria per il progetto WE ARE THE REVOLUTION.15, una capsule collection progettata e realizzata da Arianna Razzano.
Osservare spontaneamente è stato il primo passaggio verso l’elaborazione delle prime ricerche creative, uno sguardo a quella Napoli vista da fuori, anche attraverso gli occhi degli altri:
“L’osservazione mi ha condotta ad un’ archiviazione di concetti, inizialmente inconscia, poi compresi che avevo bisogno di documentarla, ed ecco che cominciai a collezionare foto di Napoli che scattavo insieme al mio compagno belga, perché ero curiosa di capire anche la sua di visione, la sua curiosità, il suo ‘perché?'”. Spiega affascinata.
Una continua ricerca di stimoli, lunghe passeggiate e manciate di libri letti tra le biblioteche di Napoli, aiutano a ricostruire quell’insieme di cocci che danno vita ad un vaso colmo di storia, quella storia che passa dal mito alla realtà contemporanea. Gli usi e costumi della città scoperti lentamente, grattando in superficie, dissodando un terreno apparentemente incoltivabile. Dalla leggenda della sirena Parthenope all’architettura razionalista-illuminista di Luigi Cosenza, dalla scultura di Augusto Perez alle amare conseguenze della politica Lauro, cercando di arrivare a raccontare tutto sotto forma di abito. La donna che disegna Arianna, è un’eroina che torna dal passato per proteggere la sua terra, che i grandi della scrittura descrivevano come “splendente, sotto il suo oro prezioso: il sole”. Un lavoro fatto di stratificazioni, le stesse che riflettono Napoli:
“La sua natura frastagliata, la razionalità delle architetture del XX secolo, la piramidale fermezza del Vesuvio e tutti i colori che accompagnano la città: il giallo, il rosso, il grigio metallico che fuoriesce dal fumo dei suoi rifiuti, il blu del mare ed il nero come mistero informe.”
Poco, o forse nulla, è lasciato al caso, WE ARE THE REVOLUTION è il messaggio di lotta sociale che Joseph Beuys divulga quando arriva a Napoli negli anni ’80; con lo stesso messaggio, Arianna ci invita a riflettere sulla potenza espressiva dell’abito come grande strumento semantico, capace di aver cambiato la società nella quale sostiamo in quel breve lasso di tempo che chiamiamo esistenza.
Nessun Commento